GLI ALBERI di Yves Bonnefoy
Guardavamo i nostri alberi, era dall’alto
della terrazza che ci fu cara, il sole
si teneva vicino noi quella volta ancora
ma ritirandosi, ospite silenzioso
sulla soglia della casa in rovina,
che gli lasciavamo immensa, illuminata.
Vedi, ti dicevo, fa scivolare sulla pietra
disuguale, incomprensibile, dove siamo appoggiati,
l’ombra delle nostre spalle confuse,
quella dei mandorli vicini
e quella dell’alto dei muri che si unisce alle altre,
bucata, barca bruciata, prua che va alla deriva
come un sovrappiù di sogno o di fumo.
Ma laggiù le querce sono immobili,
neppure l’ombra si muove, nella luce,
sono le rive del tempo che scorre qui dove noi siamo
e il suolo è inavvicinabile tanto è rapida
la corrente gonfia di speranza della morte.
Abbiamo guardato gli alberi un’ora intera.
Il sole aspettava tra le pietre
poi distese pietosamente
verso gli alberi, più giù nel burrone,
le nostre ombre che sembravano raggiungerli
come allungando le braccia si può toccare,
a volte, nella distanza tra due persone
un istante del sogno dell’altra, che non ha fine.
Guardavamo i nostri alberi, era dall’alto
della terrazza che ci fu cara, il sole
si teneva vicino noi quella volta ancora
ma ritirandosi, ospite silenzioso
sulla soglia della casa in rovina,
che gli lasciavamo immensa, illuminata.
Vedi, ti dicevo, fa scivolare sulla pietra
disuguale, incomprensibile, dove siamo appoggiati,
l’ombra delle nostre spalle confuse,
quella dei mandorli vicini
e quella dell’alto dei muri che si unisce alle altre,
bucata, barca bruciata, prua che va alla deriva
come un sovrappiù di sogno o di fumo.
Ma laggiù le querce sono immobili,
neppure l’ombra si muove, nella luce,
sono le rive del tempo che scorre qui dove noi siamo
e il suolo è inavvicinabile tanto è rapida
la corrente gonfia di speranza della morte.
Abbiamo guardato gli alberi un’ora intera.
Il sole aspettava tra le pietre
poi distese pietosamente
verso gli alberi, più giù nel burrone,
le nostre ombre che sembravano raggiungerli
come allungando le braccia si può toccare,
a volte, nella distanza tra due persone
un istante del sogno dell’altra, che non ha fine.