Domenica 12 novembre 2017 ore 17 a PaRDeS – Mirano: Maratona poetica guidata da Alessandro Cabianca, con lettura di poesie di autori vari sul tema della donna, e finissage della mostra “Ritratti di donne”
G. Nigretti e A. Cabianca
Cesare Vignato - Nefertiti 2012
1. QUELLE DUE Ora che assiso o steso a bel palpito di mano palmo dita e altro nel vano dell’indolente lettino o dell’ozio divano – e senza neanche amarmi – ci son solo quelle due a palparmi: su appuntamento e dietro compenso per le occasionali prestazioni manuali in libertà esercitate – che a mane o sera per sola compiacenza son da te praticate. 2. FRA LE DUE quella che là-mi-fa in poco d’ora ed ha il vello bello liscio e tutta derviscia mano a fuoco tatuata è la mora: – geisha un po’ crudele – che deflora con olio e calde cere il percepito pelo al mio guardo da tuttoquel macello appesantito. Ed ha voce soave da sembrare in volo d’uccello sospiro fluito. 3. LA SECONDA non di meno con voce mi compiace e nel vano è – con mano nirvana – procace uguale alla vestale indiana che a madidipalmi sfiora la cima: e tutto prima lo fa spumeggiare e d’essenze essenziali fa venire puntiglio perenne a riprincipiare. Il di lei nome che accennar non voglio era l'ebbrezza che oggi fa tristezza. 4. LE DUE Di Dolle D. le altre m’han detto di quand’ella queste sul web lesse ed eguale a un’antefissa permase la nottula vanessa tutta turbata da come quel che ero fosse ora in basso fondo caduto: di sensi parole e carne – “con quelle due amanuensi puttane“ –. Dolle dalle poesiole si fa sempre abbindolare. Le due donne? son solo un’estetista e una sciampista. G. Nigretti da Derive Quotidiane 2013/14
A TRANI I TRENI A VAPORE di A. Cabianca A Trani i treni a vapore Tratti in depositi stravecchi Tramano per tornare liberi Su tratte di binari a ferrivecchi; Cavalli selvaggi li accompagnano Pronti a trotterellare affianco Come si addice a un branco Che non lo prendi in trappola: Sei tu il troppo che scalpita.
Con questa coinvolgente iniziativa Alessandro Cabianca ci ha proposto di portare con noi un poeta guida, un poeta di riferimento…
Personalmente non è stata una facile scelta, almeno da un punto di vista cosciente, perché nella mia deriva poetica, più che ad un poeta guida, sento la vicinanza a diversi poeti italiani, in particolare:
Il Montale di Ossi di seppia – per la poetica del male di vivere
Il Quasimodo di Ed è subito sera – per la poetica della solitudine dell’uomo
O il Giudici di La vita in versi – per la poesia come necessità esistenziale
Ho qui con me la poesia di Quasimodo "Vento a Tindari". Poesia che racchiude in sé l’inquietudine, il dramma e le contraddizioni dell'uomo moderno.
La mia vicinanza al Quasimodo di Vento a Tindari è connessa anche, e non solo, al tema dello sradicamento dell'uomo, per la sua, e mia, personale condizione di esule volontario dal sud al nord Italia.
VENTO A TINDARI Tindari, mite ti so Fra larghi colli pensile sull’acque Delle isole dolci del dio, oggi m’assali e ti chini in cuore. Salgo vertici aerei precipizi, assorto al vento dei pini, e la brigata che lieve m’accompagna s’allontana nell’aria, onda di suoni e amore, e tu mi prendi da cui male mi trassi e paure d’ombre e di silenzi, rifugi di dolcezze un tempo assidue e morte d’anima A te ignota è la terra Ove ogni giorno affondo E segrete sillabe nutro: altra luce ti sfoglia sopra i vetri nella veste notturna, e gioia non mia riposa sul tuo grembo. Aspro è l’esilio, e la ricerca che chiudevo in te d’armonia oggi si muta in ansia precoce di morire; e ogni amore è schermo alla tristezza, tacito passo al buio dove mi hai posto amaro pane a rompere. Tindari serena torna; soave amico mi desta che mi sporga nel cielo da una rupe e io fingo timore a chi non sa che vento profondo m’ha cercato.
Con la poesia dell’uomo esule, dell’uomo fuori suolo, "Vento a Tindari", ho portato, con grande umiltà, la mia "È domenica", poesia del 2011 che fa parte della sezione Derive straniere della raccolta Amare derive.
Il tema è la classica passeggiata estiva dei tranesi (Trani è la mia città natale) nel giardino pubblico sul mare, che al sud chiamano Villa.
È DOMENICA e s’affolla d’ombre e genti la Villa – bell’anima antica verde a giuochi, a illusi amori fra falciate aiuole – una poesia di palme e lecci e pini e tamerici (germoglia un fiore di nostalgia?) in un angolo buio al cuore una luce di viali e fontanelle spingono famiglie e amorini e giovani mogli coi carrozzini e vecchi stanchi sui pesanti anni e a gesti a gridi di voci e cicale vanno tutti alle ringhiere di sale a veder l’aroma acerbo del mare (è un restare quel che m’assale?) e s’alza d’esilio una nebbia accanto all’essere mio non sfronda radici e in quel che ero oggi erro straniero.
Oggi l’esule, il vero e tragico uomo fuori suolo è il migrante… da Derive di carta del 2015 leggo "Gli umani", poesia scritta osservando uno stormo autunnale di rondini in volo
GLI UMANI Quando neri dall’innato alto andar via – sull’autunno aspro di vento maestro lontano – i migranti quieti colmano con grazie di nugoli tersi il riguardare di noi umani: senz’ali e già di terre neri su onde avverse e spini di ferro persi stanno gli umani che mai rimiriamo.