giovedì 28 marzo 2019

amaro amare


A Giuseppe Nigretti di Marta Celio

amaro amare
derive
solatie
ctonie-
stanziali

eco // luce-ombra
senza solerti passaggi
ma forse
-forse-
affanni

poi 
voci di te in
anfratti:
cercano (te cercano)
e dietro Dolle
entro antri (più non canti)
ancora versi
a tratti a te 
stranieri, perché (forse?) parchi 

ora invece
vissuti /pelle a pelle/
ora
/all’incontrario/

ma dalle tue DI SANGUE e A  MERA  NOTTE
eccomi stare
sul “sorriso di onda
a franto di sponda spuma memoria

e “a tremole aorte
sale e s’aggruma
anche il mio occhio
certo 
trovare-trovarti
nella “notte lenta

ché nel lungo giorno svelto rimuore.
Solo a mera notte siamo in  voi voce”.

martedì 26 marzo 2019

dialogo silente 1


SUI MASSI

lo spruzzare maestrale del mare
di candida nube accanto portava
bellezza – nell’involto pensiero 
dell’essere scosceso – sui massi 
a marea bassa di alta scogliera:
ma da qui non so se in sé fosse dea
o musa – o carta da rime disciolta

forse un volare di putride squame
che schianto di onda nel fondo ci porta.

G. Nigretti da Derive di Carta,  2015


A Giuseppe Nigretti (SUI MASSI)

non è solo “spruzzare maestrale dal mare
ma lieto sopire-sopirsi tra pieghe-piaghe angusta
memoria di quando - te dentro- salivi rapide scale, 
e “di candida nube accanto portava bellezza” ma 
ancora “nell’involto pensiero” volava e tu chino 
(tu prono)  “dea o musa” non scorgevi ma -te dentro-
sapevi e allo stesso tempo… non sapevi affatto.

Questo. Questo il vero silenzio che parla e di parola-
parole è voce e tu -immenso- in luce traduci.

Marta Celio, 2019

martedì 19 marzo 2019

alla tua coppa


CON QUEL CUORE CHE BASTA  di A. Zanzotto

E questo, se si vuole, posso aggiungere:
- La dove il fiume è un altro
e già corre il mare vicino ai tuoi seni,
e si scioglie la rete la pescagione il mondo,
con te fra le erbe
abbondanti non munte giacevo.
Amore d'erba non più fondo che I'erba,
lattice lucente, clorofilla.
Vampa aurea di fiammifero
cui volgere le spalle senza tema
come al vento ed al mare. Ma ora
ora anche il vero amore
tarda talvolta a farmi vivo. Si lasci che io dica «io.»
Quanto è difficile: io.
Ora: «io-sono» è questa emorragia...
.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .
Ti prego, fammi un segno, lasciati
scorgere: tu tenera come onda,
rutila pescagione, rete, foce,
solco di mare, succo.
Perché posso giurarlo, posso
a fatica scavarlo, ma scavarlo
da me, questo che oggi non vuole
dirsi: con te, io ero.
.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .
Energia divenivo,
statura anima attenzione
degna di misurarsi ai cieli.
Notti di resine, di corpi felici.
Cieli vigna abbondante, non munta, profumo.
Bevevo alla tua coppa, Urania.

Corpi sommi.Vi vedevo scorrere 
veloci oltre il campo del vedere.
Scorrevi mare, notte, fresca mirra.
Posso giurarlo: io ero.
Senza nulla disperdere, nulla
offuscare, nulla ferire. Senza
ρiύ, ma con solo quel cuore che basta.

Beveva il mare; suggeva ai tuoi seni. 

giovedì 14 marzo 2019

scritture 2


DI OBLIO

tutta gruma sta la cera
ben bagnata è la cima
fra le onde di curva prora
voci di nome memoria

l’andare via già dirada
da parole e carte senza stame e
da colline che stanno supine
su questa nera onda che va errando 

una quiete pesante discende
di oblio gli orizzonti dirama
verso un domani di passato
a vele strappate andiamo.

G. Nigretti da Derive quiete 2010/11