giovedì 16 luglio 2015

nei guardi

LUGLIO AL CARMINE

di febbre calida avvolge
la sera della Madonna Nera
e le genti tutte giù al mare

in festa stanno – per quella
meraviglia che a faville 
gli occhi loro accende 

di gioia, di bagliori – fra le onde
sugli antichi sedili: quanti fuochi
nei guardi nostri abbiamo acceso

(forse pochi son stati nei suoi,
ed ora dove sono più non so)

Poi del silenzio torna il clamore
e quel che resta è solo rumore
e fumo

spinto lontano dal maestro vento
vado nell’aria via da quest’amara
allegria.

G. Nigretti da Derive di aria 2012

mercoledì 15 luglio 2015

senza fine


AMANTI di Mario Luzi

Che mi riserva rivederti, amore,
quale viaggio t’hanno dato i venti?
L’oscuro avvolge questi giorni chiari,
circola forse in questa luce densa
qui dove a macchie dondolanti o ferme
filtra oro ed il vino matura.
Spicco dal cielo questo frutto splendido,
chiudo gli occhi su quel che porta seco,
o lo stare sulle spine
o il dirsi addio a cuore gonfio,
questo tempo nel tempo senza fine.

sabato 4 luglio 2015

pesante discende





DI OBLIO

tutta gruma sta la cera
ben bagnata è la cima
a prora – fra le onde
voci di nome memoria

l’andare via già dirada
da chine nere di vita 
le colline non più supine
su quest’onda errante

una quiete pesante discende
di oblio gli orizzonti dirama
verso un domani di passato
a vele strappate andiamo.

G. Nigretti da Derive quiete 2010/11

mercoledì 1 luglio 2015

passanti


RITORNO DI DEOLA di Cesare Pavese

Torneremo per strada a fissare i passanti
e saremo passanti anche noi. Studieremo
come alzarci al mattino deponendo il disgusto
della notte e uscir fuori col passo di un tempo.
Piegheremo la testa al lavoro di un tempo.
Torneremo laggiù, contro il vetro, a fumare
intontiti. Ma gli occhi saranno gli stessi
e anche i gesti e anche il viso. Quel vano segreto
che c’indugia nel corpo e ci sperde lo sguardo
morirà lentamente nel ritmo del sangue
dove tutto scompare.
Usciremo un mattino,
non avremo più casa, usciremo per via;
il disgusto notturno ci avrà abbandonati;
tremeremo a star soli. Ma vorremo star soli.
Fisseremo i passanti col morto sorriso
di chi è stato battuto, ma non odia e non grida
perché sa che da tempo remoto la sorte
- tutto quanto è già stato o sarà - è dentro il sangue,
nel sussurro del sangue. Piegheremo la fronte
soli, in mezzo alla strada, in ascolto di un’eco
dentro il sangue. E quest’eco non vibrerà più.
Leveremo lo sguardo, fissando la strada.

venerdì 26 giugno 2015

minimi spiragli

PUÒ ESSERMI CELATO IL PIENO GIORNO di Mario Luzi

Può essermi celato il pieno giorno,
può negarmelo un sipario
di materia e d’ombra,
però flagra, matura,
                                     canta
pur nel silenzio degli uccelli
di là da quel diaframma.
Eccola s’infiamma la raggiera
dai minimi spiragli,
                              s’incendia di straforo
nel nero della stanza
il semicerchio d’oro, clandestina
corona alla vittoria del mattino.
                                         È estate.

giovedì 18 giugno 2015

da un-bel-po’



AL DECOLLO

quella notte ero un po’ morto
nel poliptòto controllo 

e la mano dall’ipàllage flagellata
nel fridZi2dEr d’amore giaceva

tutta caglia d’aferesi e deiezioni
già indicibili anacoluti per il decollare

a viva carne dagli ossimòri varchi 
la fioraia infilava le occasioni

ad ogni persona la macellaia pesava 
il pleonasmo attraversare

e la sarta già tagliava i vecchi
bagagli a mano e tutte le sincope passioni

non più diastole dissi che era presto
per essere sfogliato

negli specchi di carta senza le prefazioni
ma mi ero, da un-bel-po’, quasi traslato.

G. Nigretti da Derive d'orfeo 2013

mercoledì 17 giugno 2015

dì già d'anni


17 GIUGNO

Squassavano rondoni neri
le terrazze bianche in giro
giocando il vespro chiaro
sulla Chjazze du Pèsce

i pescivendoli a voci rotte
pescavano gli ultimi omini
smenando belle sode sardelle e
le ultime audaci seppie novelle.

In punta di piedi sorrisi di fiato
sul limpido vetro disegnandoli
aspettavo il sempre tuo buono
dall’ombra in piazza di ritorno

senza fine già atteso era da quelli
che vendevi con felini e pecorini.
Eri il Pane Antico – sulla bianca terrazza
delle serene notti di colorblu lontananza.

Poi in nero rondone muto mutò
e in giro agile su ali raggiate girava
e per viuzze e palazzi bolli e serti portavi
di nere cozze pescate con lama corta aperte

e crude mangiate in quell’ultimo nostro incontro
primo negli occhi tuoi buoni e a nera morte umidi
e in questo stretto addio padre filiale m’affacciavo
e liberi canarini canterini volavano – dalla terrazza

oggi a nero già asfaltata dietro opachi vetri spenti
m’addormo, fra le ombre vuote di vino o di mute
passanti sotto, e sotto crolli le terrazze son crollate
disfatte da sigillate inferriate di bluasfalto ghiacciate.


(e polvere calda sfuma
il lontano corpo gravido
e dipinge i suoi lisci occhi neri
e veri e mai indiani e padani
e oggi la rimpiango
dentro il fango già rappreso ieri
colle ultime perle vere
che in socchiusi palmi accolse)


E il rondone nero andò – e alto veleggia ancora
e l’inferriata salda iniziò di serti secchi a sfiorire

e venne Pandora con Caino e tutta gramigna seminò
e venne Brillina con sacchi e velli e donò un regalino
e venne Dolorina con stille e stalle e lanciò un sassino
e venne Nanina con tacchi e santi e volle il librettino
e venne Ilioina con lingue e pianti e un pelino lasciò

e giunse Giugno con secco rovescio
e incerato bluvecchio indietro porta
e indosso commosso il vuoto sommo
di quest’annoso dì già d’anni grumoso.

G. Nigretti da Derive eretiche 2009

giovedì 21 maggio 2015

l'odio è

Traducendo Brecht di Franco Fortini

Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov'erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d'un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza... >>

sabato 16 maggio 2015

primavera


SOTTO IL TETTO

di quel che sempre ci aspetta
non ci rendiamo conto mai
quando nel viavai, di noi fermi
sul monte di ablativi stava il cielo
ed il vento all’aria disse: “perdona
loro, perché non sanno quel che fanno
colle pie parole e senza carne vera

un vacuo di primavera crudo porta
un sorgivo eco d’amore su carta.

G. Nigretti da Derive di carta 2015

sabato 18 aprile 2015

la vita

G. Nigretti "Ultima spiaggia" 2002/07, Digital Art
LA VITA COME POLTIGLIA SENZA FINE di Valerij Zemskick

Bisogna alzarsi
ma per questo bisogna svegliarsi
Bisogna ricordare
se adesso è mattina o sera
Bisogna separare i sogni dalla realtà
Bisogna abituarsi a essa
per questo occorre tempo
Bisogna andare a fare la doccia
allungare la mano fino al rubinetto
va bene se è a posto
Bisogna prendere il telo e asciugarsi le mani
il resto non importa
Bisogna andare in cucina
Bisogna accendere il bricco del tè
Bisogna trovare in frigo la kasa1 di ieri
Bisogna riscaldarla nel microonde
alcuni dicono che fa male
ma io non ci credo
Bisogna lavare i piatti
Bisogna lavarsi i denti
Bisogna accendere il computer
Bisogna andare su internet
guardare il mondo
poche le cose nuove
Bisogna leggere in zivoj zurnal2 un mezzo verso
o un primo rigo
Bisogna controllare la posta
Bisogna cancellare lo spam
Bisogna cominciare a correggere un libro d'altri
lì un ministro militare scrive del beneficio delle tasse
Bisogna salare la trota
Bisogna mettere a bollire
la testa
sarà pronta per pranzo
Bisogna arrivare a pranzo
Bisogna guardare alla finestra
e vedere il sole
a novembre è una rarità
Bisogna pulire le carote e metterle nel brodo
Bisogna aggiungere una foglia d'alloro
ma solo una
Bisogna aspettare
che venga fame
Bisogna pranzare
Bisogna guardare alla finestra
e vedere la luna
ma c'è ancora luce
Bisogna spiegargli che ha torto
Bisogna ricordarsi che oggi è sabato
ma questo non cambia nulla
Bisogna alzarsi dal tavolo e andare in cucina
Bisogna ricordare qualcosa
Bisogna spiegare
Bisogna fermarsi
in mezzo alla stanza
dimenticando dove si andava
Bisogna coricarsi
anche se è inutile
Bisogna capire che non è venuto nulla
Bisogna morire
questo eccome riuscirà
Bisogna forse alzarsi
Bisogna forse svegliarsi
Bisogna forse ricordarsi
se adesso è mattina o sera
Bisogna forse separare i sogni dalla realtà
Bisogna forse abituarsi a essa
non c'è tempo per questo
Bisogna forse andare a fare la doccia
Bisogna forse asciugarsi le mani
Bisogna forse prendere dal frigo la kasa di ieri
Bisogna forse lavare i piatti
Bisogna forse lavarsi i denti
Bisogna forse accendere il computer
andare su internet
non c'è né ci sarà nulla di nuovo
Bisogna forse leggere versi
Bisogna forse controllare la posta
Bisogna forse salare la trota
Bisogna forse arrivare a pranzo
Bisogna forse guardare alla finestra
là non c'è né luna né sole
Bisogna forse spiegare
Bisogna forse ricordarsi
Bisogna forse coricarsi
ma è inutile
Bisogna forse capire che non è venuto nulla
Bisogna forse morire
questo eccome riuscirà

1 Piatto tradizionale russo a base di cereali lessati. 
2 Versione russa di LiveJournal, diario online.

venerdì 10 aprile 2015

oh scrittura


ARCHI di Octavio Paz

    A Silvina Ocampo

Chi canta sulle sponde del foglio?
Chino, bocconi sul fiume
di immagini, mi vedo, lento e solo,
da me stesso allontanarmi: lettere pure,
costellazioni di segni, cesure
nella carne del tempo, oh scrittura,
rigo nell'acqua!

Vago fra verdi
intrecciati, vago fra trasparenze,
fiume che scivola via e non trascorre;
mi allontano da me stesso, mi trattengo
senza trattenermi a una sponda e discendo,
lungo il fiume, fra archi di intrecciate
immagini, il fiume di pensieri.
Proseguo, là mi attendo, mi vado incontro,
fiume felice che allaccia e scioglie
un istante di sole fra due pioppi,
sulla pietra liscia che si trattiene,
e si distacca da se stesso e discende,
lungo il fiume, all'incontro di se stesso.

domenica 29 marzo 2015

lucciole

"La Luce " Giornata Mondiale della Poesia 2015 - ZuBar di Palazzo Zuchermann Padova (Cabianca, Nigretti)

LE LUCCIOLE

Quando spenta si è ogni luce
Quando l’ultimo sguardo là volge
Di fronte, sempre voi sole scorge
Dell’urbano incolore già stupore.

Quando la notte lenta ci porta
Verso quella sola terra nostra
Di sogni d’orfeo e molle orrore
Ci guardate?
Come le altissime mute sorelle

E dall’uguale velo tutte quante
Forse guardate questa spoglia
Stagione – di quiete nuda e
Di sola quiete colma.

E quando non più?
Forse nel nulla ci sarà pace?
Quella quieta senza luce?
E lucciole di luce.

G. Nigretti da Derive d'orfeo 2013

giovedì 19 marzo 2015

fingere


AUTOPSICOGRAFIA di Fernando Pessoa

Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.

domenica 8 marzo 2015

molli curve


A CURVE

d’oro m’arridi?

fulva luna sorgiva
d’occaso fulgida
come donna a gote accanto

d’argento
un neo di stella brilla
lento migra
lo sguardo
nell’aria di azzurro manto

d’ali in quieto volo salgo
languide colline
a molli curve supine
come femmine assopite
a ignude sillabe in rime.

G. Nigretti da Derive quiete 2010/11

venerdì 27 febbraio 2015

verdor



DE FEBRERO

Ibéricas espinas negreras
cunden fatales al amargo
respirar, a palabras dolientes
desde el abismo ciego desciende

en atroces riscos, ya pliegos
de opaco tiempo cortantes,
un fuego bermejo reluce
al borde blanco de Febrero

como verdor su mirada
del etéreo vértigo, ahora de alas
en un frémito perdido aparece
entre las pálidas hojas del olivo

iguales a lamas de antiguas espadas
melancólicas memorias lo despojan
como una morgana esencia de amor
que también sin aliento, aún no muere.

G. Nigretti da Derive eretiche 2009
Traduzione di L. Rado - G. Nigretti

DI FEBBRAIO
Iberiche spine negriere / piombano ferali l’amaro / respirare, a parole dolenti / dal profondo orbo discende // su malvagi scogli, già fogli / di opaco tempo taglienti, / un fuoco vermiglio splende / al bordo bianco di Febbraio // come l’acerbo suo sguardo / dall’etèrea vertigine, ora di ali / in un fremito smarrito appare / fra le pallide foglie d’ulivo // uguali a lame di antiche spade / melanconiche memorie lo spogliano / come una morgana essenza d’amore / che senza respiro ancora non muore