martedì 17 maggio 2016
giovedì 28 aprile 2016
dall'alto
GLI ALBERI di Yves Bonnefoy
Guardavamo i nostri alberi, era dall’alto
della terrazza che ci fu cara, il sole
si teneva vicino noi quella volta ancora
ma ritirandosi, ospite silenzioso
sulla soglia della casa in rovina,
che gli lasciavamo immensa, illuminata.
Vedi, ti dicevo, fa scivolare sulla pietra
disuguale, incomprensibile, dove siamo appoggiati,
l’ombra delle nostre spalle confuse,
quella dei mandorli vicini
e quella dell’alto dei muri che si unisce alle altre,
bucata, barca bruciata, prua che va alla deriva
come un sovrappiù di sogno o di fumo.
Ma laggiù le querce sono immobili,
neppure l’ombra si muove, nella luce,
sono le rive del tempo che scorre qui dove noi siamo
e il suolo è inavvicinabile tanto è rapida
la corrente gonfia di speranza della morte.
Abbiamo guardato gli alberi un’ora intera.
Il sole aspettava tra le pietre
poi distese pietosamente
verso gli alberi, più giù nel burrone,
le nostre ombre che sembravano raggiungerli
come allungando le braccia si può toccare,
a volte, nella distanza tra due persone
un istante del sogno dell’altra, che non ha fine.
Guardavamo i nostri alberi, era dall’alto
della terrazza che ci fu cara, il sole
si teneva vicino noi quella volta ancora
ma ritirandosi, ospite silenzioso
sulla soglia della casa in rovina,
che gli lasciavamo immensa, illuminata.
Vedi, ti dicevo, fa scivolare sulla pietra
disuguale, incomprensibile, dove siamo appoggiati,
l’ombra delle nostre spalle confuse,
quella dei mandorli vicini
e quella dell’alto dei muri che si unisce alle altre,
bucata, barca bruciata, prua che va alla deriva
come un sovrappiù di sogno o di fumo.
Ma laggiù le querce sono immobili,
neppure l’ombra si muove, nella luce,
sono le rive del tempo che scorre qui dove noi siamo
e il suolo è inavvicinabile tanto è rapida
la corrente gonfia di speranza della morte.
Abbiamo guardato gli alberi un’ora intera.
Il sole aspettava tra le pietre
poi distese pietosamente
verso gli alberi, più giù nel burrone,
le nostre ombre che sembravano raggiungerli
come allungando le braccia si può toccare,
a volte, nella distanza tra due persone
un istante del sogno dell’altra, che non ha fine.
lunedì 18 aprile 2016
cavità
SILENTI MASSI
Sul quotidiano bianco piano
di marmo (dove pure le acque
oblique vanno) sempre lì stanno
– messe da mani senza più carni –
l’anfore memorie di lieti anni;
e lì son come dei silenti massi:
hanno le cavità aperte uguali
a quelle orali dei muti sepolti
a l'urne carte di pietrami e carne.
G. Nigretti da Derive di pietra 2016
domenica 3 aprile 2016
oblio
Padova 2 aprile 2016, Zubar, Giornata Mondiale della Poesia - Nigretti legge |
DI OBLIO
tutta gruma sta la cera
ben bagnata è la cima
sopra l’onda da prora
voci di nome memoria
l’andare via dirada
da nere chine di vita
le colline non più supine
su quest’errante acqua bianca
una quiete pesante discende
di oblio gli orizzonti dirama
verso un domani di passato
a vele strappate andiamo.
G. Nigretti da Derive quiete 2010/11
mercoledì 30 marzo 2016
immutabile ombra
L'IMMUTABILE di Walter de la Mare
Ecco le rose della sera,
la notte quieta in tenebre sospesa -
onde al galoppo volte a costellare
di luci vive a fonda collina -
e tu immota nel grembo della valle
nella tua quieta eterna meraviglia
in un sol grave sguardo chiudi tutto
quell'incanto di pace e di mistero.
La Bellezza celò il tuo corpo nudo,
sognò un tempo nei tuoi capelli accesi,
amabili e lontane.
OMBRA di Walter de la Mare
Se ne va pure il Bello della rosa
quando sfuma il suo fervido fulgore -
si allunga l'onda immobile sospesa
nella polvere, scende un tenebrore
che quel suo strano segno porta a casa.
Le bolle d'acqua effimere dipingono
sotto l'esile arco un'ombra evanescente
fino all'ultima stella il nembo ardente
dell'angolo in cornice fa brillare
il suo riflesso pallido e tremante.
La più amabile cosa della terra
ha un'ombra, una perenne oscura tinta
di morte che le infesta ogni respiro...
Ma chi potrà mai dire la Bellezza
dell'asfodelo dei cieli senz'ombra?
Ecco le rose della sera,
la notte quieta in tenebre sospesa -
onde al galoppo volte a costellare
di luci vive a fonda collina -
e tu immota nel grembo della valle
nella tua quieta eterna meraviglia
in un sol grave sguardo chiudi tutto
quell'incanto di pace e di mistero.
La Bellezza celò il tuo corpo nudo,
sognò un tempo nei tuoi capelli accesi,
amabili e lontane.
OMBRA di Walter de la Mare
Se ne va pure il Bello della rosa
quando sfuma il suo fervido fulgore -
si allunga l'onda immobile sospesa
nella polvere, scende un tenebrore
che quel suo strano segno porta a casa.
Le bolle d'acqua effimere dipingono
sotto l'esile arco un'ombra evanescente
fino all'ultima stella il nembo ardente
dell'angolo in cornice fa brillare
il suo riflesso pallido e tremante.
La più amabile cosa della terra
ha un'ombra, una perenne oscura tinta
di morte che le infesta ogni respiro...
Ma chi potrà mai dire la Bellezza
dell'asfodelo dei cieli senz'ombra?
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lunedì 21 marzo 2016
amare derive
Premio Letterario Nazionale "Andrea Torresano"
Gilgamesh Edizioni
Gilgamesh Edizioni
AMARE DERIVE di Giuseppe Nigretti
Opera Terza Classificata - Sezione Poesia - Asola 2016
Amare derive
Una poesia matura quella di Nigretti, nulla manca, ha tutti i tratti dei versi consapevoli: ogni dettaglio ha il suo posto, ogni dettaglio ha un perché. La poesia resta reale, tangibile: "che su questa distesa carta è il reale" come già il poeta stesso dice. Dentro questa reale percezione di quello che sta intorno, non mancano le sensazioni, spesso forti, del poeta. Il linguaggio è spesso evocativo, diventa mutevole, si preannuncia quasi come il verso fosse libero, eppure la classicità della tela disegnata dal poeta rimane; la struttura non tradisce se stessa, nei versi cade leggera, senza mai svanire. E' come se questa struttura, cercasse di radicare anche i sentimenti e dare loro una guida, perché chi c'è dentro la poesia non possa perdersi, non possa rimanere scollegato dalla realtà.
Anila Resuli
ANDANDO
Quel che
ci resta dell’andare nostro
e del vociare
assolato di confusioni
giocose,
son solo le sgualcite carte
della
lesta stagione: oggi già icone
di
condivisioni, apparse sbiadite
dall’iperico
spazio virtuale
già
sepolto di cosparse occasioni.
Ora senza
stazioni è il chiuso viaggiare: nella eco
d’una
vocale – che su questa distesa carta è il
reale –.
G. Nigretti da Derive di carta 2015
giovedì 17 marzo 2016
di marzo
CORSE DI MARZO
Curvo attendo
come fronda a discese ventose
d’afose sponde ponti t’innalzo
su corse di marzo in carne
con in mano vanga pesante
un destino abbiam scavato
d’ombre ricolmo s’allunga
a mimose e spini sull’essere
già di fondi giorni voragine
nel vento d’attese vertigini
geme gitano un sogno vano.
G. Nigretti da Derive d'amore 2001/04
mercoledì 9 marzo 2016
rosso lembo
CARE DONNE LONTANE
ogni giorno è un perdersi
se a raggiungermi albergo
su fogli d’intorte parole
la notte sfoglia le ore
di pagane follie
in voi fan colme fantasie
come quelle che a incanto di dei
svelano per~versi pensieri
in carne a curve rime
ammaliando parole
delizie coniugate
dal giardino di grembo lontano
ed io di carta declino
sulle labbra della notte
di colore rosso lembo
le sillabe del mattino.
G. Nigretti da Derive deserte 1994/01
ogni giorno è un perdersi
se a raggiungermi albergo
su fogli d’intorte parole
la notte sfoglia le ore
di pagane follie
in voi fan colme fantasie
come quelle che a incanto di dei
svelano per~versi pensieri
in carne a curve rime
ammaliando parole
delizie coniugate
dal giardino di grembo lontano
ed io di carta declino
sulle labbra della notte
di colore rosso lembo
le sillabe del mattino.
G. Nigretti da Derive deserte 1994/01
lunedì 22 febbraio 2016
camera ardente
NON REGALATE AI POETI ALTRE PAROLE di Andrea Bassani
Non regalate ai poeti altre parole,
non sanno che farsene.
I poeti non temono il dolore:
li trovi ancora là, nell'ora dell'addio,
in un limbo atemporale
dove non esiste la morte
e non esiste la vita.
Non regalate ai poeti il vostro cuore,
non vi ameranno:
loro vegliano, giorno e notte,
la salma assente del corpo amato
nella camera ardente
del vuoto d'amore.
Non cercate di salvare i poeti,
non vi seguiranno:
non usciranno per voi dall'inferno,
perché sognano di poterlo commuovere
e per questo riavere dalle fiamme
tutto quello che gli è stato negato
Non regalate ai poeti altre parole,
non sanno che farsene.
I poeti non temono il dolore:
li trovi ancora là, nell'ora dell'addio,
in un limbo atemporale
dove non esiste la morte
e non esiste la vita.
Non regalate ai poeti il vostro cuore,
non vi ameranno:
loro vegliano, giorno e notte,
la salma assente del corpo amato
nella camera ardente
del vuoto d'amore.
Non cercate di salvare i poeti,
non vi seguiranno:
non usciranno per voi dall'inferno,
perché sognano di poterlo commuovere
e per questo riavere dalle fiamme
tutto quello che gli è stato negato
mercoledì 10 febbraio 2016
pensieri e ceri
FEBBRAIO AL CARMINE
gelido
discende su fuliggini e santi
della muta
navata nel divino buio
dei
passi tardi croccia secco
lo
scalpiccìo
nell’immenso
vuoto d’ogni Dio
porto di
pensieri e ceri creanza
di anni alla
tua Donna
nera sembianza
che inganna
speranze
a ogni vuota stanza
d’amore –
angeli trepidano
di luce sulla
cera combusta
che di quiete
odora nuda
uguale alla
pelle sua
già di
voce disfatta.
G. Nigretti da Derive d'inverno 2011/12
G. Nigretti da Derive d'inverno 2011/12
lunedì 1 febbraio 2016
sua luce
SABBIA di Luis Aguilera
Passa l'ultimo amore
verso un'età proibita.
Nessuno esce a riceverlo,
a rallegrarsene, a festeggiarlo.
Come la foglia staccatasi dall'albero
non interrompe la sua luce: narra
un'altra stagione o la proscrive.
Sedicente, matura nella lentezza
lo splendore che lo scopre.
Sopra la prima linea delle labbra
baci di sabbia che rimangono
per udire il mare quando si allontana.
Passa l'ultimo amore
verso un'età proibita.
Nessuno esce a riceverlo,
a rallegrarsene, a festeggiarlo.
Come la foglia staccatasi dall'albero
non interrompe la sua luce: narra
un'altra stagione o la proscrive.
Sedicente, matura nella lentezza
lo splendore che lo scopre.
Sopra la prima linea delle labbra
baci di sabbia che rimangono
per udire il mare quando si allontana.
sabato 23 gennaio 2016
è così
NOTTE STELLATA di Anne Sexton
Questo non mi impedisce di avere un terribile bisogno di - devo dire questa parola? - religione. Allora esco di notte a dipingere le stelle.
Vincent Van Gogh in una lettera al fratello
La città non esiste
se non dove un albero dai capelli
neri scivola via, come una donna
annegata nel cielo caldo. Tace,
la città. Bolle la notte, con dieci
e una stella. Oh notte stellata,
stellata notte! È così che voglio
morire.
Si muove. Sono tutti quanti vivi.
Quando la luna rompe le catene
arancioni che la legano e spruzza
bambini dai suoi occhi, come un dio,
il vecchio serpente, senza esser visto
divora le stelle. Oh stellata notte,
notte stellata! È così che voglio
morire:
in questa strisciante bestia notturna,
risucchiata tutta dentro nel grande
drago, separata
dalla mia vita senza una bandiera,
senza pancia
né grido.
Questo non mi impedisce di avere un terribile bisogno di - devo dire questa parola? - religione. Allora esco di notte a dipingere le stelle.
Vincent Van Gogh in una lettera al fratello
La città non esiste
se non dove un albero dai capelli
neri scivola via, come una donna
annegata nel cielo caldo. Tace,
la città. Bolle la notte, con dieci
e una stella. Oh notte stellata,
stellata notte! È così che voglio
morire.
Si muove. Sono tutti quanti vivi.
Quando la luna rompe le catene
arancioni che la legano e spruzza
bambini dai suoi occhi, come un dio,
il vecchio serpente, senza esser visto
divora le stelle. Oh stellata notte,
notte stellata! È così che voglio
morire:
in questa strisciante bestia notturna,
risucchiata tutta dentro nel grande
drago, separata
dalla mia vita senza una bandiera,
senza pancia
né grido.
mercoledì 13 gennaio 2016
il nodo
AMLETO, Shakespeare Atto III, scena I
Essere, o non essere…
questo è il nodo: se sia più nobil animo
sopportar le fiondate e le frecciate
d’una sorte oltraggiosa,
o armarsi contro un mare di sciagure,
e contrastandole finir con esse.
Morire… addormentarsi: nulla più.
E con un sonno dirsi di por fine
alle doglie del cuore e ai mille mali
che da natura eredita la carne.
Questa è la conclusione
che dovremmo augurarci a mani giunte.
Morir… dormire, e poi sognare, forse…
Già, ma qui si dismaga l’intelletto:
perché dentro quel sonno della morte
quali sogni ci possono venire,
quando ci fossimo scrollati via
da questo nostro fastidioso involucro?
Ecco il pensiero che deve arrestarci.
Ecco il dubbio che fa così longevo
il nostro vivere in tal miseria.
Se no, chi s’indurrebbe a sopportare
le frustate e i malanni della vita,
le angherie dei tiranni,
il borioso linguaggio dei superbi,
le pene dell’amore disprezzato,
le remore nell’applicar le leggi,
l’arroganza dei pubblici poteri,
gli oltraggi fatti dagli immeritevoli
al merito paziente,
quand’uno, di sua mano, d’un solo colpo
potrebbe firmar subito alla vita
la quietanza, sul filo d’un pugnale?
E chi vorrebbe trascinarsi dietro
questi fardelli, e gemere e sudare
sotto il peso d’un’esistenza grama,
se il timore di un “che” dopo la morte
- quella regione oscura, inesplorata,
dai cui confini non v’è viaggiatore
che ritorni - non intrigasse tanto
la volontà, da indurci a sopportare
quei mali che già abbiamo,
piuttosto che a volar, nell’aldilà,
incontro ad altri mali sconosciuti?
Ed è così che la nostra coscienza
ci fa vili; è così che si scolora
al pallido riflesso del pensiero
il nativo colore del coraggio,
ed alte imprese e di grande momento,
a cagione di questo, si disviano
e perdono anche il nome dell’azione.
(Vede Ofelia)
Ma zitto, adesso!… La leggiadra Ofelia!
Ninfa, nelle tue preci
rammemoràti siano i miei peccati.
OFELIA - Mio buon signore, come s’è sentito
vostro onore, durante questi giorni?
AMLETO - Oh, bene, bene, bene, umili grazie!
OFELIA - Signore, ho qui con me vostri ricordi
che da tempo volevo ritornarvi.
Vi prego, riprendeteli.
AMLETO - Non io.
Non v’ho dato mai niente.
...
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venerdì 1 gennaio 2016
giorni pieni
DI CARTA
ora che tutto t’è stato detto
“novo intatto sentier segnami,
o Musa” tu che già mi hai
di carta aperto giorni pieni
– di ombre senza più nome –
lungo la finale via albale,
donami ora in verbo reale
a bellezza di cielo con voce di mare:
il fulgore di salda terra d’amore.
ora che tutto t’è stato detto
“novo intatto sentier segnami,
o Musa” tu che già mi hai
di carta aperto giorni pieni
– di ombre senza più nome –
lungo la finale via albale,
donami ora in verbo reale
a bellezza di cielo con voce di mare:
il fulgore di salda terra d’amore.
G. Nigretti da Derive di carta 2015
sabato 26 dicembre 2015
muto orto
PIANTO ANTICO di G. Carducci
L'albero a cui tendevi
La pargoletta mano,
Il verde melograno
Da' bei vermigli fior
Nel muto orto solingo
Rinverdì tutto or ora,
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l'inutil vita
Estremo unico fior,
Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol piú ti rallegra
Né ti risveglia amor.
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