17 GIUGNO
Squassavano rondoni neri
le terrazze bianche in giro
giocando il vespro chiaro
sulla Chjazze du Pèsce
i pescivendoli a voci rotte
pescavano gli ultimi omini
smenando belle sode sardelle e
le ultime audaci seppie novelle.
In punta di piedi sorrisi di fiato
sul limpido vetro disegnandoli
aspettavo il sempre tuo buono
dall’ombra in piazza di ritorno
senza fine atteso era già da quelli
che vendevi con felini e pecorini.
Eri il Pane Antico – sulla bianca terrazza
delle serene notti di colorblu lontananza.
Poi in nero rondone muto mutò
e in giro agile su ali raggiate girava
e per viuzze e palazzi bolli e serti portavi
di nere cozze pescate con corta lama aperte
e crude mangiate in quell’ultimo nostro incontro
primo negli occhi tuoi buoni e a nera morte umidi
e in questo stretto addio padre filiale m’affacciavo
e liberi canarini canterini volavano – dalla terrazza
oggi a nero asfaltata già dietro opachi vetri spenti
m’addormo, fra le ombre vuote di vino o di mute
passanti sotto, e sotto crolli le terrazze son crollate
disfatte da sigillate inferriate di bluasfalto ghiacciate.
(e polvere calida sfuma
il lontano corpo gravido
e dipinge i suoi lisci occhi neri
e veri e mai indiani e padani
e oggi la rimpiango
dentro il fango già rappreso ieri
colle ultime perle vere
che in socchiusi palmi accolse)
E il rondone nero andò – e alto veleggia ancora
e l’inferriata salda iniziò di serti secchi a sfiorire
e venne Pandora con Caino e tutta gramigna seminò
e venne Brillina con sacchi e velli e donò un regalino
e venne Dolorina con stille e stalle e lanciò un sassino
e venne Nanina con tacchi e santi e volle il librettino
e venne Ilioina con lingue e pianti e un pelino lasciò
e giunse Giugno con rovescio secco
e incerato bluvecchio addosso porta
e commosso indosso il sommo vuoto
dell’annoso giorno di anni già stecco.
G. Nigretti da Derive eretiche 2009