mercoledì 29 luglio 2015
domenica 26 luglio 2015
vago cavo
DI ARDITI GIORNI
gravido, è corsa gravosa parlare
quindi lemmi per squilli vi stilo
quando serpi spingono spilli
pendono pensieri privi di filo
su specchi deserti di occhi
e di voce, l’ombre vitree
di arditi giorni aleggiano
in oasi di piacere canino
dal vago cavo le varco e
verso scabbia pioggia e
arido d’amore declino
nostalgie di gerbido solco
penzolando zoppe rime
a infante seme sorrido
errando da nero migrante
nei vostri lacerati peluche
fugaci sostegni rammendo
dagli strappi rapidi passano
vuoti sciacalli riciclati
come vacche rumano fantasie nane e voi
di arditi giorni dimentiche
insieme sputate nere le ultime perle vere.
gravido, è corsa gravosa parlare
quindi lemmi per squilli vi stilo
quando serpi spingono spilli
pendono pensieri privi di filo
su specchi deserti di occhi
e di voce, l’ombre vitree
di arditi giorni aleggiano
in oasi di piacere canino
dal vago cavo le varco e
verso scabbia pioggia e
arido d’amore declino
nostalgie di gerbido solco
penzolando zoppe rime
a infante seme sorrido
errando da nero migrante
nei vostri lacerati peluche
fugaci sostegni rammendo
dagli strappi rapidi passano
vuoti sciacalli riciclati
come vacche rumano fantasie nane e voi
di arditi giorni dimentiche
insieme sputate nere le ultime perle vere.
G. Nigretti da Derive eretiche 2009
giovedì 16 luglio 2015
nei guardi
LUGLIO AL CARMINE
di febbre calida avvolge
la sera della Madonna Nera
e le genti tutte giù al mare
in festa stanno – per quella
meraviglia che a faville
gli occhi loro accende
di gioia, di bagliori – fra le onde
sugli antichi sedili: quanti fuochi
nei guardi nostri abbiamo acceso
(forse pochi son stati nei suoi,
ed ora dove sono più non so)
Poi del silenzio torna il clamore
e quel che resta è solo rumore
e fumo
spinto lontano dal maestro vento
vado nell’aria via da quest’amara
allegria.
G. Nigretti da Derive di aria 2012
di febbre calida avvolge
la sera della Madonna Nera
e le genti tutte giù al mare
in festa stanno – per quella
meraviglia che a faville
gli occhi loro accende
di gioia, di bagliori – fra le onde
sugli antichi sedili: quanti fuochi
nei guardi nostri abbiamo acceso
(forse pochi son stati nei suoi,
ed ora dove sono più non so)
Poi del silenzio torna il clamore
e quel che resta è solo rumore
e fumo
spinto lontano dal maestro vento
vado nell’aria via da quest’amara
allegria.
G. Nigretti da Derive di aria 2012
mercoledì 15 luglio 2015
senza fine
AMANTI di Mario Luzi
Che mi riserva rivederti, amore,
quale viaggio t’hanno dato i venti?
L’oscuro avvolge questi giorni chiari,
circola forse in questa luce densa
qui dove a macchie dondolanti o ferme
filtra oro ed il vino matura.
Spicco dal cielo questo frutto splendido,
chiudo gli occhi su quel che porta seco,
o lo stare sulle spine
o il dirsi addio a cuore gonfio,
questo tempo nel tempo senza fine.
sabato 4 luglio 2015
pesante discende
DI OBLIO
tutta gruma sta la cera
ben bagnata è la cima
a prora – fra le onde
voci di nome memoria
l’andare via già dirada
da chine nere di vita
le colline non più supine
su quest’onda errante
una quiete pesante discende
di oblio gli orizzonti dirama
verso un domani di passato
a vele strappate andiamo.
G. Nigretti da Derive quiete 2010/11
tutta gruma sta la cera
ben bagnata è la cima
a prora – fra le onde
voci di nome memoria
l’andare via già dirada
da chine nere di vita
le colline non più supine
su quest’onda errante
una quiete pesante discende
di oblio gli orizzonti dirama
verso un domani di passato
a vele strappate andiamo.
G. Nigretti da Derive quiete 2010/11
mercoledì 1 luglio 2015
passanti
Torneremo per strada a fissare i passanti
e saremo passanti anche noi. Studieremo
come alzarci al mattino deponendo il disgusto
della notte e uscir fuori col passo di un tempo.
Piegheremo la testa al lavoro di un tempo.
Torneremo laggiù, contro il vetro, a fumare
intontiti. Ma gli occhi saranno gli stessi
e anche i gesti e anche il viso. Quel vano segreto
che c’indugia nel corpo e ci sperde lo sguardo
morirà lentamente nel ritmo del sangue
dove tutto scompare.
Usciremo un mattino,
non avremo più casa, usciremo per via;
il disgusto notturno ci avrà abbandonati;
tremeremo a star soli. Ma vorremo star soli.
Fisseremo i passanti col morto sorriso
di chi è stato battuto, ma non odia e non grida
perché sa che da tempo remoto la sorte
- tutto quanto è già stato o sarà - è dentro il sangue,
nel sussurro del sangue. Piegheremo la fronte
soli, in mezzo alla strada, in ascolto di un’eco
dentro il sangue. E quest’eco non vibrerà più.
Leveremo lo sguardo, fissando la strada.
venerdì 26 giugno 2015
minimi spiragli
PUÒ ESSERMI CELATO IL PIENO GIORNO di Mario Luzi
Può essermi celato il pieno giorno,
può negarmelo un sipario
di materia e d’ombra,
però flagra, matura,
canta
pur nel silenzio degli uccelli
di là da quel diaframma.
Eccola s’infiamma la raggiera
dai minimi spiragli,
s’incendia di straforo
nel nero della stanza
il semicerchio d’oro, clandestina
corona alla vittoria del mattino.
È estate.
Può essermi celato il pieno giorno,
può negarmelo un sipario
di materia e d’ombra,
però flagra, matura,
canta
pur nel silenzio degli uccelli
di là da quel diaframma.
Eccola s’infiamma la raggiera
dai minimi spiragli,
s’incendia di straforo
nel nero della stanza
il semicerchio d’oro, clandestina
corona alla vittoria del mattino.
È estate.
giovedì 18 giugno 2015
da un-bel-po’
AL DECOLLO
quella notte ero un po’ morto
nel poliptòto controllo
e la mano dall’ipàllage flagellata
nel fridZi2dEr d’amore giaceva
tutta caglia d’aferesi e deiezioni
già indicibili anacoluti per il decollare
a viva carne dagli ossimòri varchi
la fioraia infilava le occasioni
ad ogni persona la macellaia pesava
il pleonasmo attraversare
e la sarta già tagliava i vecchi
bagagli a mano e tutte le sincope passioni
non più diastole dissi che era presto
per essere sfogliato
negli specchi di carta senza le prefazioni
ma mi ero, da un-bel-po’, quasi traslato.
G. Nigretti da Derive d'orfeo 2013
mercoledì 17 giugno 2015
dì già d'anni
17 GIUGNO
Squassavano
rondoni neri
le terrazze
bianche in giro
giocando
il vespro chiaro
sulla Chjazze
du Pèsce
i
pescivendoli a voci rotte
pescavano
gli ultimi omini
smenando
belle sode sardelle e
le ultime
audaci seppie novelle.
In punta
di piedi sorrisi di fiato
sul
limpido vetro disegnandoli
aspettavo
il sempre tuo buono
dall’ombra
in piazza di ritorno
senza
fine già atteso era da quelli
che vendevi
con felini e pecorini.
Eri il Pane
Antico – sulla bianca terrazza
delle
serene notti di colorblu lontananza.
Poi in
nero rondone muto mutò
e in
giro agile su ali raggiate girava
e per
viuzze e palazzi bolli e serti portavi
di nere cozze
pescate con lama corta aperte
e crude
mangiate in quell’ultimo nostro incontro
primo negli
occhi tuoi buoni e a nera morte umidi
e in
questo stretto addio padre filiale m’affacciavo
e liberi
canarini canterini volavano – dalla terrazza
oggi a
nero già asfaltata dietro opachi vetri spenti
m’addormo,
fra le ombre vuote di vino o di mute
passanti
sotto, e sotto crolli le terrazze son crollate
disfatte
da sigillate inferriate di bluasfalto ghiacciate.
(e polvere calda sfuma
il lontano corpo
gravido
e dipinge i suoi lisci
occhi neri
e veri e mai
indiani e padani
e oggi la rimpiango
dentro il fango già
rappreso ieri
colle ultime perle vere
che in socchiusi palmi accolse)
E il rondone
nero andò – e alto veleggia ancora
e
l’inferriata salda iniziò di serti secchi a sfiorire
e venne Pandora con
Caino e tutta gramigna seminò
e venne Brillina
con sacchi e velli e donò un regalino
e venne Dolorina
con stille e stalle e lanciò un sassino
e venne Nanina con tacchi
e santi e volle il librettino
e venne Ilioina con
lingue e pianti e un pelino lasciò
e giunse
Giugno con secco rovescio
e incerato
bluvecchio indietro porta
e indosso
commosso il vuoto sommo
di quest’annoso
dì già d’anni grumoso.G. Nigretti da Derive eretiche 2009
giovedì 21 maggio 2015
l'odio è
Traducendo Brecht di Franco Fortini
Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov'erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d'un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza... >>
Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov'erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d'un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza... >>
sabato 16 maggio 2015
primavera
SOTTO IL TETTO
di quel che sempre ci aspetta
non ci rendiamo conto mai
quando nel viavai, di noi fermi
sul monte di ablativi stava il cielo
ed il vento all’aria disse: “perdona
loro, perché non sanno quel che fanno”
colle pie parole e senza carne vera
un vacuo di primavera crudo porta
un sorgivo eco d’amore su carta.
G. Nigretti da Derive di carta 2015
sabato 18 aprile 2015
la vita
G. Nigretti "Ultima spiaggia" 2002/07, Digital Art |
Bisogna alzarsi
ma per questo bisogna svegliarsi
Bisogna ricordare
se adesso è mattina o sera
Bisogna separare i sogni dalla realtà
Bisogna abituarsi a essa
per questo occorre tempo
Bisogna andare a fare la doccia
allungare la mano fino al rubinetto
va bene se è a posto
Bisogna prendere il telo e asciugarsi le mani
il resto non importa
Bisogna andare in cucina
Bisogna accendere il bricco del tè
Bisogna trovare in frigo la kasa1 di ieri
Bisogna riscaldarla nel microonde
alcuni dicono che fa male
ma io non ci credo
Bisogna lavare i piatti
Bisogna lavarsi i denti
Bisogna accendere il computer
Bisogna andare su internet
guardare il mondo
poche le cose nuove
Bisogna leggere in zivoj zurnal2 un mezzo verso
o un primo rigo
Bisogna controllare la posta
Bisogna cancellare lo spam
Bisogna cominciare a correggere un libro d'altri
lì un ministro militare scrive del beneficio delle tasse
Bisogna salare la trota
Bisogna mettere a bollire
la testa
sarà pronta per pranzo
Bisogna arrivare a pranzo
Bisogna guardare alla finestra
e vedere il sole
a novembre è una rarità
Bisogna pulire le carote e metterle nel brodo
Bisogna aggiungere una foglia d'alloro
ma solo una
Bisogna aspettare
che venga fame
Bisogna pranzare
Bisogna guardare alla finestra
e vedere la luna
ma c'è ancora luce
Bisogna spiegargli che ha torto
Bisogna ricordarsi che oggi è sabato
ma questo non cambia nulla
Bisogna alzarsi dal tavolo e andare in cucina
Bisogna ricordare qualcosa
Bisogna spiegare
Bisogna fermarsi
in mezzo alla stanza
dimenticando dove si andava
Bisogna coricarsi
anche se è inutile
Bisogna capire che non è venuto nulla
Bisogna morire
questo eccome riuscirà
Bisogna forse alzarsi
Bisogna forse svegliarsi
Bisogna forse ricordarsi
se adesso è mattina o sera
Bisogna forse separare i sogni dalla realtà
Bisogna forse abituarsi a essa
non c'è tempo per questo
Bisogna forse andare a fare la doccia
Bisogna forse asciugarsi le mani
Bisogna forse prendere dal frigo la kasa di ieri
Bisogna forse lavare i piatti
Bisogna forse lavarsi i denti
Bisogna forse accendere il computer
andare su internet
non c'è né ci sarà nulla di nuovo
Bisogna forse leggere versi
Bisogna forse controllare la posta
Bisogna forse salare la trota
Bisogna forse arrivare a pranzo
Bisogna forse guardare alla finestra
là non c'è né luna né sole
Bisogna forse spiegare
Bisogna forse ricordarsi
Bisogna forse coricarsi
ma è inutile
Bisogna forse capire che non è venuto nulla
Bisogna forse morire
questo eccome riuscirà
1 Piatto tradizionale russo a base di cereali lessati.
2 Versione russa di LiveJournal, diario online.
2 Versione russa di LiveJournal, diario online.
venerdì 10 aprile 2015
oh scrittura
ARCHI di Octavio Paz
A Silvina Ocampo
Chi canta sulle sponde del foglio?
Chino, bocconi sul fiume
di immagini, mi vedo, lento e solo,
da me stesso allontanarmi: lettere pure,
costellazioni di segni, cesure
nella carne del tempo, oh scrittura,
rigo nell'acqua!
Vago fra verdi
intrecciati, vago fra trasparenze,
fiume che scivola via e non trascorre;
mi allontano da me stesso, mi trattengo
senza trattenermi a una sponda e discendo,
lungo il fiume, fra archi di intrecciate
immagini, il fiume di pensieri.
Proseguo, là mi attendo, mi vado incontro,
fiume felice che allaccia e scioglie
un istante di sole fra due pioppi,
sulla pietra liscia che si trattiene,
e si distacca da se stesso e discende,
lungo il fiume, all'incontro di se stesso.
domenica 29 marzo 2015
lucciole
"La Luce " Giornata Mondiale della Poesia 2015 - ZuBar di Palazzo Zuchermann Padova (Cabianca, Nigretti) |
LE LUCCIOLE
Quando
spenta si è ogni luce
Quando
l’ultimo sguardo là volge
Di
fronte, sempre voi sole scorge
Dell’urbano
incolore già stupore.
Quando
la notte lenta ci porta
Verso
quella sola terra nostra
Di sogni
d’orfeo e molle orrore
Ci guardate?
Come le
altissime mute sorelle
E dall’uguale
velo tutte quante
Forse
guardate questa spoglia
Stagione
– di quiete nuda e
Di sola
quiete colma.
E quando
non più?
Forse
nel nulla ci sarà pace?
Quella
quieta senza luce?
E
lucciole di luce.
G. Nigretti da Derive d'orfeo 2013
giovedì 19 marzo 2015
fingere
AUTOPSICOGRAFIA di Fernando Pessoa
Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.
E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.
E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.
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