venerdì 4 settembre 2015
martedì 18 agosto 2015
sempre
SEMPRE EGUALE
nell’eremo calare delle soglie
l’imago anima che ogni dì colma
l’opaco sguardo – sempre un boccale
mantiene in mano –: come di lacrime
sull’acque morte un dovunque di salme
muto sciama dall’inane pianale
colmo di orme vuote senza più porte
dove lì Dolle D. informe entra reale
sempre vitrea musa di parole vane.
nell’eremo calare delle soglie
l’imago anima che ogni dì colma
l’opaco sguardo – sempre un boccale
mantiene in mano –: come di lacrime
sull’acque morte un dovunque di salme
muto sciama dall’inane pianale
colmo di orme vuote senza più porte
dove lì Dolle D. informe entra reale
sempre vitrea musa di parole vane.
G. Nigretti da Derive di carta 2015
domenica 16 agosto 2015
tardo pelago
LACERE ICONE
D’albe e di ieri nel tardo pelago
di carne lo sguardo e il fiato tuo
avrei colmato. Ora a voce vaga
dal pianale di carta emergono
e nei dedali di lacere icone
l’oscura lingua mi naufraga
verso quella voragine larga
questa carcassa viaggia
giorno pietoso l’affossa
nel profondissimo nulla
amari specchi l’avvolgono
con mendicanti parole
scendo fra l’infrante memorie
di macerie indugiano stagioni
dove l’ultimo sole s’affoga
ti velano in lacere icone.
D’albe e di ieri nel tardo pelago
di carne lo sguardo e il fiato tuo
avrei colmato. Ora a voce vaga
dal pianale di carta emergono
e nei dedali di lacere icone
l’oscura lingua mi naufraga
verso quella voragine larga
questa carcassa viaggia
giorno pietoso l’affossa
nel profondissimo nulla
amari specchi l’avvolgono
con mendicanti parole
scendo fra l’infrante memorie
di macerie indugiano stagioni
dove l’ultimo sole s’affoga
ti velano in lacere icone.
G. Nigretti da Derive eretiche 2009
domenica 9 agosto 2015
nell'essere
da Lasciami, non trattenermi di M. Luzi
Non perderti, non allontanarti dal pensiero,
non uscire dal desiderio
tanto da non potervi ritornare
e non provarne
mutuamente tu ed io alcuna pena.
Fa’ che questo non si avveri.
Non lasciarmi immaginare
un tempo
in cui sia fatta aliena,
musa in ansia, fuggitiva
trattenuta appena.
Resta
nella adiacenza dell’umano
se non proprio del suo male
almeno del suo dolore,
ti prego,
forse non dovrei, ti porta
il tuo respiro
dov’è necessario,
lo voglia o non lo voglia, per te andare.
Va’, però non ti eclissare
nel nulla immemoriale,
sia nell’essere certo e incancellabile
che nell’essere tu eri, tu nell’essere sei stata.
Non perderti, non allontanarti dal pensiero,
non uscire dal desiderio
tanto da non potervi ritornare
e non provarne
mutuamente tu ed io alcuna pena.
Fa’ che questo non si avveri.
Non lasciarmi immaginare
un tempo
in cui sia fatta aliena,
musa in ansia, fuggitiva
trattenuta appena.
Resta
nella adiacenza dell’umano
se non proprio del suo male
almeno del suo dolore,
ti prego,
forse non dovrei, ti porta
il tuo respiro
dov’è necessario,
lo voglia o non lo voglia, per te andare.
Va’, però non ti eclissare
nel nulla immemoriale,
sia nell’essere certo e incancellabile
che nell’essere tu eri, tu nell’essere sei stata.
domenica 2 agosto 2015
di vita
I FUOCHI INSEGUIVAMO
I fuochi inseguivamo
fra
riflessi di blumare
la notte
furente
guizzava
di stelle
su gli antichi sedili
d’arabeschi
s’apriva
d’occhi
a bagliori gioiva.
I fuochi inseguivamo
tra vedute d’arido Prato
tra vedute d’arido Prato
un
sgrondare di braci
spegne la
notte brunita
da un sudario
di ceneri
sull’accecata
piazza
cade un dolore
di vita.
G. Nigretti da Derive di notte 2009/10
mercoledì 29 luglio 2015
domenica 26 luglio 2015
vago cavo
DI ARDITI GIORNI
gravido, è corsa gravosa parlare
quindi lemmi per squilli vi stilo
quando serpi spingono spilli
pendono pensieri privi di filo
su specchi deserti di occhi
e di voce, l’ombre vitree
di arditi giorni aleggiano
in oasi di piacere canino
dal vago cavo le varco e
verso scabbia pioggia e
arido d’amore declino
nostalgie di gerbido solco
penzolando zoppe rime
a infante seme sorrido
errando da nero migrante
nei vostri lacerati peluche
fugaci sostegni rammendo
dagli strappi rapidi passano
vuoti sciacalli riciclati
come vacche rumano fantasie nane e voi
di arditi giorni dimentiche
insieme sputate nere le ultime perle vere.
gravido, è corsa gravosa parlare
quindi lemmi per squilli vi stilo
quando serpi spingono spilli
pendono pensieri privi di filo
su specchi deserti di occhi
e di voce, l’ombre vitree
di arditi giorni aleggiano
in oasi di piacere canino
dal vago cavo le varco e
verso scabbia pioggia e
arido d’amore declino
nostalgie di gerbido solco
penzolando zoppe rime
a infante seme sorrido
errando da nero migrante
nei vostri lacerati peluche
fugaci sostegni rammendo
dagli strappi rapidi passano
vuoti sciacalli riciclati
come vacche rumano fantasie nane e voi
di arditi giorni dimentiche
insieme sputate nere le ultime perle vere.
G. Nigretti da Derive eretiche 2009
giovedì 16 luglio 2015
nei guardi
LUGLIO AL CARMINE
di febbre calida avvolge
la sera della Madonna Nera
e le genti tutte giù al mare
in festa stanno – per quella
meraviglia che a faville
gli occhi loro accende
di gioia, di bagliori – fra le onde
sugli antichi sedili: quanti fuochi
nei guardi nostri abbiamo acceso
(forse pochi son stati nei suoi,
ed ora dove sono più non so)
Poi del silenzio torna il clamore
e quel che resta è solo rumore
e fumo
spinto lontano dal maestro vento
vado nell’aria via da quest’amara
allegria.
G. Nigretti da Derive di aria 2012
di febbre calida avvolge
la sera della Madonna Nera
e le genti tutte giù al mare
in festa stanno – per quella
meraviglia che a faville
gli occhi loro accende
di gioia, di bagliori – fra le onde
sugli antichi sedili: quanti fuochi
nei guardi nostri abbiamo acceso
(forse pochi son stati nei suoi,
ed ora dove sono più non so)
Poi del silenzio torna il clamore
e quel che resta è solo rumore
e fumo
spinto lontano dal maestro vento
vado nell’aria via da quest’amara
allegria.
G. Nigretti da Derive di aria 2012
mercoledì 15 luglio 2015
senza fine

AMANTI di Mario Luzi
Che mi riserva rivederti, amore,
quale viaggio t’hanno dato i venti?
L’oscuro avvolge questi giorni chiari,
circola forse in questa luce densa
qui dove a macchie dondolanti o ferme
filtra oro ed il vino matura.
Spicco dal cielo questo frutto splendido,
chiudo gli occhi su quel che porta seco,
o lo stare sulle spine
o il dirsi addio a cuore gonfio,
questo tempo nel tempo senza fine.
sabato 4 luglio 2015
pesante discende
DI OBLIO
tutta gruma sta la cera
ben bagnata è la cima
a prora – fra le onde
voci di nome memoria
l’andare via già dirada
da chine nere di vita
le colline non più supine
su quest’onda errante
una quiete pesante discende
di oblio gli orizzonti dirama
verso un domani di passato
a vele strappate andiamo.
G. Nigretti da Derive quiete 2010/11
tutta gruma sta la cera
ben bagnata è la cima
a prora – fra le onde
voci di nome memoria
l’andare via già dirada
da chine nere di vita
le colline non più supine
su quest’onda errante
una quiete pesante discende
di oblio gli orizzonti dirama
verso un domani di passato
a vele strappate andiamo.
G. Nigretti da Derive quiete 2010/11
mercoledì 1 luglio 2015
passanti
Torneremo per strada a fissare i passanti
e saremo passanti anche noi. Studieremo
come alzarci al mattino deponendo il disgusto
della notte e uscir fuori col passo di un tempo.
Piegheremo la testa al lavoro di un tempo.
Torneremo laggiù, contro il vetro, a fumare
intontiti. Ma gli occhi saranno gli stessi
e anche i gesti e anche il viso. Quel vano segreto
che c’indugia nel corpo e ci sperde lo sguardo
morirà lentamente nel ritmo del sangue
dove tutto scompare.
Usciremo un mattino,
non avremo più casa, usciremo per via;
il disgusto notturno ci avrà abbandonati;
tremeremo a star soli. Ma vorremo star soli.
Fisseremo i passanti col morto sorriso
di chi è stato battuto, ma non odia e non grida
perché sa che da tempo remoto la sorte
- tutto quanto è già stato o sarà - è dentro il sangue,
nel sussurro del sangue. Piegheremo la fronte
soli, in mezzo alla strada, in ascolto di un’eco
dentro il sangue. E quest’eco non vibrerà più.
Leveremo lo sguardo, fissando la strada.
venerdì 26 giugno 2015
minimi spiragli
PUÒ ESSERMI CELATO IL PIENO GIORNO di Mario Luzi
Può essermi celato il pieno giorno,
può negarmelo un sipario
di materia e d’ombra,
però flagra, matura,
canta
pur nel silenzio degli uccelli
di là da quel diaframma.
Eccola s’infiamma la raggiera
dai minimi spiragli,
s’incendia di straforo
nel nero della stanza
il semicerchio d’oro, clandestina
corona alla vittoria del mattino.
È estate.
Può essermi celato il pieno giorno,
può negarmelo un sipario
di materia e d’ombra,
però flagra, matura,
canta
pur nel silenzio degli uccelli
di là da quel diaframma.
Eccola s’infiamma la raggiera
dai minimi spiragli,
s’incendia di straforo
nel nero della stanza
il semicerchio d’oro, clandestina
corona alla vittoria del mattino.
È estate.
giovedì 18 giugno 2015
da un-bel-po’
AL DECOLLO
quella notte ero un po’ morto
nel poliptòto controllo
e la mano dall’ipàllage flagellata
nel fridZi2dEr d’amore giaceva
tutta caglia d’aferesi e deiezioni
già indicibili anacoluti per il decollare
a viva carne dagli ossimòri varchi
la fioraia infilava le occasioni
ad ogni persona la macellaia pesava
il pleonasmo attraversare
e la sarta già tagliava i vecchi
bagagli a mano e tutte le sincope passioni
non più diastole dissi che era presto
per essere sfogliato
negli specchi di carta senza le prefazioni
ma mi ero, da un-bel-po’, quasi traslato.
G. Nigretti da Derive d'orfeo 2013
mercoledì 17 giugno 2015
dì già d'anni
17 GIUGNO
Squassavano
rondoni neri
le terrazze
bianche in giro
giocando
il vespro chiaro
sulla Chjazze
du Pèsce
i
pescivendoli a voci rotte
pescavano
gli ultimi omini
smenando
belle sode sardelle e
le ultime
audaci seppie novelle.
In punta
di piedi sorrisi di fiato
sul
limpido vetro disegnandoli
aspettavo
il sempre tuo buono
dall’ombra
in piazza di ritorno
senza
fine già atteso era da quelli
che vendevi
con felini e pecorini.
Eri il Pane
Antico – sulla bianca terrazza
delle
serene notti di colorblu lontananza.
Poi in
nero rondone muto mutò
e in
giro agile su ali raggiate girava
e per
viuzze e palazzi bolli e serti portavi
di nere cozze
pescate con lama corta aperte
e crude
mangiate in quell’ultimo nostro incontro
primo negli
occhi tuoi buoni e a nera morte umidi
e in
questo stretto addio padre filiale m’affacciavo
e liberi
canarini canterini volavano – dalla terrazza
oggi a
nero già asfaltata dietro opachi vetri spenti
m’addormo,
fra le ombre vuote di vino o di mute
passanti
sotto, e sotto crolli le terrazze son crollate
disfatte
da sigillate inferriate di bluasfalto ghiacciate.
(e polvere calda sfuma
il lontano corpo
gravido
e dipinge i suoi lisci
occhi neri
e veri e mai
indiani e padani
e oggi la rimpiango
dentro il fango già
rappreso ieri
colle ultime perle vere
che in socchiusi palmi accolse)
E il rondone
nero andò – e alto veleggia ancora
e
l’inferriata salda iniziò di serti secchi a sfiorire
e venne Pandora con
Caino e tutta gramigna seminò
e venne Brillina
con sacchi e velli e donò un regalino
e venne Dolorina
con stille e stalle e lanciò un sassino
e venne Nanina con tacchi
e santi e volle il librettino
e venne Ilioina con
lingue e pianti e un pelino lasciò
e giunse
Giugno con secco rovescio
e incerato
bluvecchio indietro porta
e indosso
commosso il vuoto sommo
di quest’annoso
dì già d’anni grumoso.G. Nigretti da Derive eretiche 2009
giovedì 21 maggio 2015
l'odio è
Traducendo Brecht di Franco Fortini
Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov'erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d'un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza... >>
Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov'erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d'un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza... >>
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