sabato 23 giugno 2012

I poeti


'I poeti sono la coscienza repressa della società contemporanea,
e a loro è riservata la morte sociale che spetta ai diversi'

I decaduti ripercorre, e rappresenta in versi, quest’epoca nichilista e autodistruttiva. È un libro che cerca nella descrizione senza infingimenti del reale - di una società in declino e senza redenzione - una religiosità disperata, un senso che custodisca il vivere e la vita insieme. E in una civiltà senza sentimenti, il poeta urla la sua presenza.
Ed è la poesia, la risposta che esorta ad accettare la sfida del nuovo giorno, in un sacerdozio che esprime un unico pensiero: l’arte come unica fonte ed unica finalità. Ed è forse proprio per questo che Dio dà i maggiori castighi agli artisti, poiché sono quelli che più lo tentano nelle sue verità. Il metro stilistico, nell’utilizzo della scritta parola, si concentra esclusivamente su vocabili di uso comune, che inseriti nella struttura poesia perdono il significato originario per acquisirne dei nuovi, cercando di indagare le molteplici occasioni che ogni idioma mette a disposizione.
La parola, in poesia, diventa dunque una continua ricerca del polisenso, nel proposito di slegare il linguaggio omologato e conformista che la tv impone, e cercando di tendere all’estremo l’arco espressivo di ogni singola, conosciuta, parola. Anche l’utilizzo dello spazio fisico della pagina bianca non è casuale: le pagine sono quadri, e le parole colori.
Quello che mi premeva nella creazione poetica, nella catarsi che porta a concepire il verso, è la tensione emotiva, di parole levigate come coltelli. Sentire che la pagina vibra alla lettura dei versi. La speranza era di svelare con ogni singolo componimento un tassello dal mosaico delle verità; al termine di questa esperienza esistenziale e artistica che ha generato I Decaduti, mi sono accorto che ogni poesia non fa altro che aggiungere una nuova tessera a quel mosaico; in un rimando continuo dove si incrociano le varie sensibilità artistiche, e dove ciascuno di noi trova la propria univoca traiettoria vitale ed espressiva, pur attraversando inevitabilmente altri percorsi che incrociano il nostro divenire.
Ed è questo il senso profondo del nostro discorrere, essere unici e composti simultaneamente da tutto quello che ci ha preceduto. Siffatta intuizione manca alla società contemporanea, scissa da se stessa, impegnata solo a produrre, per poi consumare, in una nevrotica coazione a ripetere. La raccolta raffigura le sfaccettature di questa drammatica limitazione che vive l’uomo odierno, che impone un individuo svuotato e senza memoria, senza tradizione, per omologarlo e considerarlo unicamente come potenziale acquirente di merci.
Quelle merci che non sono più un mezzo, ma un fine; perfino aggettivi da aggiungere al proprio Io. Ne I Decaduti, il poeta, coscienza repressa della società moderna, di fronte a questa prospettiva, dimostra un diniego emozionale, poiché percepita come antisociale e disumana.

Denudati perché
vagano
su decomposti mosaici.

Giorni,
si rincorrono,
nell’immoto divenire
di un uguale sguardo.

Ingabbiato,
nello zoo della città,
mi reincarno
ad ogni morte,

Esangue.

(Giuseppe Aletti)

venerdì 22 giugno 2012

presto scomparirà


AL CREPUSCOLO di Pär Lagerkvist

È al crepuscolo che ci si isola,
alla caduta del sole.


È allora che si abbandona tutto.
Il pensiero si chiude nella sua tenda di ragnatela
e il cuore dimentica i motivi della sua angoscia.
Il viandante del deserto abbandona il suo campo,
che presto scomparirà sotto la sabbia,
e prosegue il suo viaggio nella quiete della notte,
guidato da enigmatiche stelle.

domenica 17 giugno 2012

17 giugno

17 GIUGNO

Neri rondoni squassavano
le bianche terrazze in giro
giocando, il chiaro vespro
su l’odorosa Chjazze du Pèsce

i pescivendoli a voci rotte
pescavano, gli ultimi omini
smenando belle sode sardelle
e le ultime audaci seppie novelle.

In punta di piedi sorrisi, di fiato
sul limpido vetro disegnandoli
aspettavo, il tuo sempre buono
da le ombre in piazza di ritorno

sempre atteso, da quelli che avevi
oggi venduto per felini e pecorini.
Eri il pane antico su la bianca terrazza
de le serene serrate notti colore lontananza.

In nero rondone muto mutò
e agile in giro girava su le raggiate ali corvine
e per viuzze e palazzi portavi bolli e serti
di cozze nere pescate a corta lama aperte

e crude mangiate nel nostro ultimo incontro
primo nei tuoi occhi buoni di bianca morte umidi
e in questo stretto addio padre filiale m’affacciavo
e liberi volavano gialli canarini canterini da la terrazza

oggi di nero asfaltata a opachi specchi spenti
m’addormo, fra le ombre vuote di vino o di mute
passanti sotto e sotto crolli le terrazze sono crollate
disfatte da sigillate inferriate di blu asfalto ghiacciate.

(Polvere calda sfuma
il lontano corpo gravido
e dipinge i suoi lisci occhi neri
e veri e mai indiani e padani.

Oggi la rimpiango
dentro il fango già rappreso ieri
con le ultime bianche perle vere
accolte fra le sue socchiuse mani.)

E il nero rondone andò e alto veleggia ancora
e iniziò l’inferriata salda a fiorire di secchi serti

e venne Pandora con Caino e tutta gramigna seminò
e venne Brillina con pacchi e velli e donò un regalino
e venne Riccina con stille e stalle e lanciò un sassino
e venne Biondina con tacchi e spille e volle il librettino
e venne Leonina con tonno e mozzarelle e lasciò un pelettino


e giunse Giugno con le secche piogge e indietro impermeabili porta
e indosso commosso il sommo vuoto di questo ultimo annoso giorno.

G. Nigretti da Derive eretiche

mercoledì 6 giugno 2012

TRANI





È DOMENICA


e s’affolla di genti e d’ombre
la Villa – bell’anima antica
verde a giochi a illusi amori
fra le falciate aiuole – una poesia
di palme e lecci e pini e tamerici
(si apre un volo di nostalgia?)

in dedalo angolo al cuore
una luce di viali e fontanelle
spingono famiglie e amorini
e giovani mogli coi carrozzini
e vecchi stanchi sui pesanti anni
e tutti: a gesti a gridi di voci e cicale

vanno a le pensili ringhiere di sale
a vedere l’aroma verde del mare.
(è un rimpianto quel che m’assale?)
E s’alza d’esilio una nebbia accanto
a l’anima mia non affonda radici
in quel che sono vago straniero.

G. Nigretti da Derive straniere

giovedì 31 maggio 2012

Amare derive

da "Diario Di-aria"
...
                                        Relitti da Citera! o da Nassiria?

Risuonano resti fra le alghe silenziose
sconfinate schiume sbocciano il tuo viso
e insonni crepuscoli sfocano ne l’ultima voce.
Bambini nuotano nella prossima deriva

G. Nigretti frammento di "Bambini silenziosi" da Derive d'amore

mercoledì 23 maggio 2012

20 anni fa la strage di Capaci

Lunedì 23 maggio ricorre il 20° anniversario della strage di Capaci, l’attentato mafioso in cui persero la vita Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro, i tre agenti della scorta.

PER GIOVANNI FALCONE di Alda Merini

La mafia sbanda,
la mafia scolora
la mafia scommette,
la mafia giura
che l'esistenza non esiste,
che la cultura non c'è,
che l'uomo non è amico dell'uomo.


La mafia è il cavallo nero
dell'apocalisse che porta in sella
un relitto mortale,
la mafia accusa i suoi morti.


La mafia li commemora
con ciclopici funerali:
così è stato per te, Giovanni,
trasportato a braccia da quelli
che ti avevano ucciso
.

(da Ipotenusa d'amore, La Vita Felice, 1994)

sabato 19 maggio 2012

SILENZIO

           La storia del silenzio sono le parole,
l’ascolto di quel silenzio è la poesia.


Hugo Mujica è nato a Buenos Aires nel 1942. Ha studiato Belle Arti, Filosofia, Antropologia Filosofica e Teologia. Questa varietà di studi è presente nella sua opera che comprende tanto la filosofia, come l’antropologia, o la mistica e la narrativa e soprattutto la poesia.
La sua opera poetica, iniziata nel 1983, è stata pubblicata in Argentina, Spagna, Italia, Francia, Messico, Stati Uniti, Cile, Slovenia e Bulgaria. Nel 2005 la casa editrice Seix Barral ha raccolto i suoi versi in Poesía completa 1983-2004, nel 2011 è uscito il suo ultimo libro di poesia Y siempre después el viento. La sua vita e i suoi viaggi sono stati il materiale della sua opera. Durante gli anni ’60 ha vissuto al Greenwich Village di New York come artista plastico e per sette anni ha condiviso il silenzio della vita monastica dell’Ordine Trappista dove iniziò a scrivere.

silenzio
alto silenzio

né una voce
che risvegli
distanze

la pelle dei tuoi occhi,
celeste
oltre
l’eterno

senza riposo

lunedì 7 maggio 2012

La donna e le colline

 

INCONTRO di Cesare Pavese

 

Queste dure colline che han fatto il mio corpo
e lo scuotono a tanti ricordi, mi han schiuso il prodigio
di costei, che non sa che la vivo e non riesco a comprenderla.

L'ho incontrata, una sera: una macchia più chiara
sotto le stelle ambigue, nella foschia d’estate.
Era intorno il sentore di queste colline
più profondo dell'ombra, e d'un tratto suonò
come uscisse da queste colline, una voce più netta
e aspra insieme, una voce di tempi perduti.

Qualche volta la vedo, e mi vive dinanzi
definita, immutabile, come un ricordo.
Io non ho mai potuto afferrarla, la sua realtà
ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.
Se sia bella, non so. Tra le donne è ben giovane:
mi sorprende, a pensarla, un ricordo remoto
dell'infanzia vissuta tra queste colline,
tanto è giovane. È come il mattino. Mi accenna negli occhi
tutti i cieli lontani di quei mattini remoti.
E ha negli occhi un proposito fermo: la luce più netta
che abbia avuto mai l'alba su queste colline.

L'ho creata dal fondo di tutte le cose
che mi sono più care, e non riesco a comprenderla.

(da "Lavorare stanca", 1936)

mercoledì 2 maggio 2012

ROMA

dal Gianicolo
Roma, ne l'aer tuo lancio l'anima altera volante:
accogli, o Roma, e avvolgi l'anima mia di luce.


Caravaggio - Vocazione di San Matteo - San Matteo e l'angelo
San Luigi dei Francesi

Pantheon

Bernini - Estasi di Santa Teresa
Santa Maria della Vittoria

Bernini - Beata Ludovica Albertoni
San Francesco a Riva

Bernini - Piazza San Pietro

Michelangelo - Pietà

Fontana di Trevi

l'ora suprema calando con tacita ala mi sfiori
la fronte, e ignoto io passi ne la serena pace;

Riva di Traiano

O nave che attingi con la poppa l'alto infinito,
varca a' misterïosi liti l'anima mia.


versi liberamente tratti da Roma di Giosuè Carducci

giovedì 26 aprile 2012

IL RITORNO DI NARCISO

G. Nigretti, Il ritorno di Narciso - 1994
cm 49,5x59,5 specchiante
cornice dipinta, testa in terracotta, conchiglia, materiali vari
….
Il ritorno di Narciso non è il suo venire di nuovo alla presenza dopo una fase di latenza, non è il suo essere di nuovo qui dopo un periodo di lontananza. Che Narciso ri-torna significa che egli ruota attorno al proprio asse, tra l’antico e il moderno, tra la caduta nello specchio e la fuga dello sguardo. Il ri-torno di Narciso è il ritorno all’antico, grande specchio della natura, all’interno del quale il moderno Narciso colloca il suo piccolo specchio artificiale.
Più niente da vedere, a questo punto: ciò che si apre è la dimensione dell’ascolto ...

G. Ferraboschi, Il ritorno di Narciso, 1994

SONETTI A ORFEO, II, III

Specchi: mai ancora nessuno ha descritto
sapendo quale sia la vostra essenza.
Voi come fitti di fori i crivelli
colmi interstizi del tempo.

Voi che dissipate il vuoto della sala
al tramonto, come boschi, sconfinati...
E cervo ramoso il lampadario attraversa
il vostro varco impenetrabile.

Talvolta siete colmi di pitture.
E pare che alcune trapassino in voi,
altre le respingete con timore.

Ma la più bella resterà. Fin quando
nelle sue guance non dischiuse
penetri il chiaro dissolto Narciso.

Rainer Maria Rilke (1875-1926)

da Sonetti a Orfeo, 1922 – Traduzione di Massimo Bacigalupo

lunedì 23 aprile 2012

POESIA FLUVIALE – TERRA FIUME



Padova - Bastione di San Prosdocimo
  Domenica 22 aprile Giornata mondiale della Poesia 2012
La Giornata Mondiale della Poesia 2012, giunta quest’anno alla nona edizione a Padova, è organizzata dal Gruppo90 ArtePoesia e dall’Associazione Amissi del Piovego, con la presenza di numerosi poeti e musicisti e di associazioni culturali, nell’ambito delle manifestazioni indette a livello mondiale dall’Unesco.
Con un percorso Terra Fiume, Poesia fluviale si porterà dalla Golena San Prosdocimo alle Porte Contarine, con soste all’imbarcadero di Porta Portello e all’imbarcadero davanti all’Istituto Statale d’Arte “Pietro Selvatico”, valorizzando il Piovego, i Bastioni, le Mura cinquecentesche e la Cappella degli Scrovegni.
All’arrivo alle Porte Contarine gli artisti, transitando sotto il Ponte di Corso del Popolo (1908), accederanno direttamente nella golena Porciglia (i Giardini dell’Arena), nell’area dell’associazione Scuola padovana voga veneta ”Vittorio Zonca”.
In collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e l’Assessorato alla Partecipazione del Comune di Padova.
Letture di G. Nigretti


PRIMAVERA

ancora ritorni intorno
pallida ai timidi colli
l’aria respiri azzurra


sirena di tiepida trina
da l’amena rima sconfini
un sopito odore di pace
un volto di tenue ambra

di voce dolce non han parole
in quel che nasce o muore
sotto gli esili spini in fiore

un brillio d’amore si scioglie
di memorie si apre un torpore
ne gl’indugi di queste ore nude
dietro cancelli il cuore si chiude


LUNGO LA RIVA

oscuro riflesso il pensiero
nello specchio salso della sera
di silenzio respira freddo
la bellezza noiosa del novilunio
tutta la marea ricopre deserta

di voci remote il rumore
di chi chiama amore un luminìo
riflesso di memorie a la deriva

schiocca di squame una sirena
putrida nella luce fredda della riva

Piovego - Poeti su la Delta Nova


sabato 14 aprile 2012

Che cos'è la poesia?

Un antico proverbio persiano dice: “se mi dai due pani, ne venderò uno e comprerò giacinti per nutrire la mia anima”. Questa è l’essenza della poesia: la bellezza che serve al benessere dell’anima, l’emozione che spalanca i cancelli al sentimento e permette alle nostre emozioni di correre libere come cavalli nella sconfinata prateria.

La poesia è simile alla meraviglia che proviamo davanti a un paesaggio. Ma la sua bellezza non è automatica: in questo caso ha bisogno di un “medium” per rivelarsi, e questo mezzo è il poeta. L’ispirazione che ha guidato il poeta diventa a sua volta ispirazione per il lettore: e, del resto, secondo Gaston Bachelard, “Il poeta è colui che ha il potere di scatenare il risveglio dell’emozione poetica nell’anima del lettore”. Dunque, la vera poesia non fa altro che comunicare tra il poeta che scrive e il poeta che legge, il poeta che è in ognuno di noi: accende l’interruttore e la luce dell’emozione si spande per la mente, la bellezza si diffonde in noi con la sua forza benefica, ci fa prendere coscienza della sua presenza.
da il "Canto delle sirene"
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ

LA POESIA

1
Non toccarla più,
che così è la rosa!


2
Strappo alla radice il cespo,
pieno ancora della rugiada dell'aurora.

Oh che irrigazione di terra
bagnata e profumata,
che pioggia - che accecamento! - di stelle
sulla mia fronte, sui miei occhi!


3
Canzone mia,
canta, prima di cantare;
dà a chi ti ammira prima di leggerti
la tua emozione e la tua grazia;
emana fresca e fragrante da te stessa!


(da "Pietra e cielo", 1919)
14/04/2012
Magari, magari fosse questa La poesia !
Jimenez viveva ancora in un tempo beato !
Il 99% della “poesia” contemporanea non fa questo,
invece raddoppia lo schifo del mondo
Nicola Licciardello

domenica 8 aprile 2012

Domenica

Giardino di Ca' Marcello - Levada di Piombino Dese

DOMENICA

Ne l’aria rumorano campane
il sole nuovo risorge
su le colme tavole padane
il giorno di gioie altrui batte
il vuoto di questa quiete
fumida di odori d’agnelli
ribolle con uova e piselli

dal tempo bambino una marea
di domeniche marine sale
memorie d’ombre ingiallite
da un sole già spento
in un adriatico di parole
mute affogano le mie fole

G. Nigretti

venerdì 6 aprile 2012

smontate pure il sole

Dali, Persistenza della memoria

BLUES IN MEMORIA di W. H. Auden

Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.


Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.


Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo torto.


Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.


ricevuta da Wanda