lunedì 22 febbraio 2016

camera ardente

NON REGALATE AI POETI ALTRE PAROLE di Andrea Bassani

Non regalate ai poeti altre parole,
non sanno che farsene.
I poeti non temono il dolore:
li trovi ancora là, nell'ora dell'addio,
in un limbo atemporale
dove non esiste la morte
e non esiste la vita.

Non regalate ai poeti il vostro cuore,
non vi ameranno:
loro vegliano, giorno e notte,
la salma assente del corpo amato
nella camera ardente
del vuoto d'amore.

Non cercate di salvare i poeti,
non vi seguiranno:
non usciranno per voi dall'inferno,
perché sognano di poterlo commuovere
e per questo riavere dalle fiamme
tutto quello che gli è stato negato

mercoledì 10 febbraio 2016

pensieri e ceri


FEBBRAIO AL CARMINE
 
gelido discende su fuliggini e santi
della muta navata nel divino buio
dei passi tardi croccia secco
lo scalpiccìo

nell’immenso vuoto d’ogni Dio
porto di pensieri e ceri creanza
di anni alla tua Donna
nera sembianza che inganna
speranze a ogni vuota stanza

d’amore – angeli trepidano
di luce sulla cera combusta
che di quiete odora nuda
uguale alla pelle sua
già di voce disfatta.

G. Nigretti da Derive d'inverno 2011/12

lunedì 1 febbraio 2016

sua luce

SABBIA di Luis Aguilera

Passa l'ultimo amore
verso un'età proibita.
Nessuno esce a riceverlo,
a rallegrarsene, a festeggiarlo.

Come la foglia staccatasi dall'albero
non interrompe la sua luce: narra
un'altra stagione o la proscrive.
Sedicente, matura nella lentezza
lo splendore che lo scopre.

Sopra la prima linea delle labbra
baci di sabbia che rimangono
per udire il mare quando si allontana.

sabato 23 gennaio 2016

è così

NOTTE STELLATA di Anne Sexton

Questo non mi impedisce di avere un terribile bisogno di - devo dire questa parola? - religione. Allora esco di notte a dipingere le stelle.
Vincent Van Gogh in una lettera al fratello

La città non esiste
se non dove un albero dai capelli
neri scivola via, come una donna
annegata nel cielo caldo. Tace,
la città. Bolle la notte, con dieci
e una stella. Oh notte stellata,
stellata notte! È così che voglio
morire.                                                          

Si muove. Sono tutti quanti vivi.
Quando la luna rompe le catene
arancioni che la legano e spruzza
bambini dai suoi occhi, come un dio,
il vecchio serpente, senza esser visto
divora le stelle. Oh stellata notte,
notte stellata! È così che voglio
morire:

in questa strisciante bestia notturna,
risucchiata tutta dentro nel grande
drago, separata
dalla mia vita senza una bandiera,
senza pancia
né grido.

mercoledì 13 gennaio 2016

il nodo



AMLETO, Shakespeare Atto III, scena I

Essere, o non essere…
questo è il nodo: se sia più nobil animo
sopportar le fiondate e le frecciate
d’una sorte oltraggiosa,
o armarsi contro un mare di sciagure,
e contrastandole finir con esse.
Morire… addormentarsi: nulla più.
E con un sonno dirsi di por fine
alle doglie del cuore e ai mille mali
che da natura eredita la carne.
Questa è la conclusione
che dovremmo augurarci a mani giunte.
Morir… dormire, e poi sognare, forse…
Già, ma qui si dismaga l’intelletto:
perché dentro quel sonno della morte
quali sogni ci possono venire,
quando ci fossimo scrollati via
da questo nostro fastidioso involucro?
Ecco il pensiero che deve arrestarci.
Ecco il dubbio che fa così longevo
il nostro vivere in tal miseria.
Se no, chi s’indurrebbe a sopportare
le frustate e i malanni della vita,
le angherie dei tiranni,
il borioso linguaggio dei superbi,
le pene dell’amore disprezzato,
le remore nell’applicar le leggi,
l’arroganza dei pubblici poteri,
gli oltraggi fatti dagli immeritevoli
al merito paziente,
quand’uno, di sua mano, d’un solo colpo
potrebbe firmar subito alla vita
la quietanza, sul filo d’un pugnale?
E chi vorrebbe trascinarsi dietro
questi fardelli, e gemere e sudare
sotto il peso d’un’esistenza grama,
se il timore di un “che” dopo la morte
- quella regione oscura, inesplorata,
dai cui confini non v’è viaggiatore
che ritorni - non intrigasse tanto
la volontà, da indurci a sopportare
quei mali che già abbiamo,
piuttosto che a volar, nell’aldilà,
incontro ad altri mali sconosciuti?
Ed è così che la nostra coscienza
ci fa vili; è così che si scolora
al pallido riflesso del pensiero
il nativo colore del coraggio,
ed alte imprese e di grande momento,
a cagione di questo, si disviano
e perdono anche il nome dell’azione.
(Vede Ofelia)

Ma zitto, adesso!… La leggiadra Ofelia!
Ninfa, nelle tue preci
rammemoràti siano i miei peccati.

OFELIA - Mio buon signore, come s’è sentito
vostro onore, durante questi giorni?

AMLETO - Oh, bene, bene, bene, umili grazie!

OFELIA - Signore, ho qui con me vostri ricordi
che da tempo volevo ritornarvi.
Vi prego, riprendeteli.

AMLETO - Non io.
Non v’ho dato mai niente.

...

venerdì 1 gennaio 2016

giorni pieni



DI CARTA

ora che tutto t’è stato detto
“novo intatto sentier segnami,
o Musa” tu che già mi hai
di carta aperto giorni pieni
di ombre senza più nome
lungo la finale via albale,
donami ora in verbo reale 

a bellezza di cielo con voce di mare:
il fulgore di salda terra d’amore.

G. Nigretti da Derive di carta 2015

sabato 26 dicembre 2015

muto orto


PIANTO ANTICO di G. Carducci

L'albero a cui tendevi
La pargoletta mano,
Il verde melograno
Da' bei vermigli fior

Nel muto orto solingo
Rinverdì tutto or ora,
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.

Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l'inutil vita
Estremo unico fior,

Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol piú ti rallegra
Né ti risveglia amor.

martedì 15 dicembre 2015

tacchi tuoi


LA NEBULA ATTORNO

S’aggirano pietosi nembi
a pallide volute indolenti
le ore nei sensi scolorano
come dal nulla quella rosa
sfiorita nel nulla t’involano

dalla finestra affranta d’amore
in un momento di solo vento
fra insonni colline d’argento
su vie curve di latteo incanto
un volto pallore molle appare

e nuda t’avveri nei nudi rilievi.

Lenta la notte ti sfuma la pelle
quando la nebula attorno fuma fanali
sbattono incerti i tacchi tuoi rosa lontano
il nero selciato freddo cocente delle stelle.

G. Nigretti da Derive eretiche 2009

lunedì 7 dicembre 2015

per un po'



PER-UN-PO’

Com’era tenue nell’attesa
 [già tediosa]
dove incurva, oggi acuta,
respira, allunga e sale
verso l’alcova dimora urbana
[a ore]
quella salita già discesa:

– Dove passano veloci vagoni
colmi d’ombre vanno e
vengono da chi per-un-po’
di quella quiete attende.

– Dove di nera pelle e torpori
[a ore] per-un-po’
incarnano voce le straniere
in molli carni crude d’amore

[una mi disse: “fare bene amore”]

ed io, per-un-po’, di ore
in voce verde e bagliori
lungo quella lunghissima discesa
[già per gl’inferi?] scendevo

e tu salivi rapida, sempre pallida
barbara con la dura cavalla nera
per-un-po’
morgana muta è risalita ancora.


G. Nigretti da Derive Urbane 2012/13

mercoledì 25 novembre 2015

di pelle

 BELLA CARNAP di Giose Rimanelli

Ora questa pare una storia d’altri tempi perché ovunque
io vada e comunque m’inquadri amici di amici mi squadrano
con occhi pensosi e dicono poi con un certo mistero
perplessi nei bruti ricci peli d’immodeste narici
che c’è sempre un Qualcuno nel giro (un sadico falbo
un medico astuto un atleta incompiuto una mesta fanciulla)
che chiede o riporta notizie di Bella la quale per nulla
o qualcosa come appunto si dice ha cambiato il suo nome
in quello del signore di Rimini, Sigismondo Malatesta.
E’ stata una festa o così pare: per questa è certamente
altre ed altre gravi ragioni lei non penso che più pensi
di rivedere la soglia di casa spingere aperti i cancelli
e pulire la ruggine nei cardini delle antiche inferriate
per ricominciare tutto da capo con modestia ed amore.
Bella Carnap era fatta di pelle di capra e di zoccoli d’oro.

martedì 17 novembre 2015

di credo

G. Nigretti - Parigi, Arco di Trionfo, La Resistenza

ERAVAMO LÌ

ma ero da solo – nel buio forte
t’ho presa per mano e fuori
di corsa ti portavo lontano:
da quell’umane forme nere,
dal terrore nel vicolo cieco,
dove la morte fonda l’amore
per ogni dio da uomo creato

senza candore – a oriente e su terre
d'occidente – porta di credo guerre.

13 novembre 2015

G. Nigretti da Derive di carta 2015

lunedì 2 novembre 2015

sesso

SESSO, CONSOLAZIONE DELLA MISERIA di P. P. Pasolini

Sesso, consolazione della miseria!
La puttana è una regina, il suo trono
è un rudere, la sua terra un pezzo
di merdoso prato, il suo scettro
una borsetta di vernice rossa:
abbaia nella notte, sporca e feroce
come un'antica madre: difende
il suo possesso e la sua vita.
I magnaccia, attorno, a frotte,
gonfi e sbattuti, coi loro baffi
brindisi o slavi, sono
capi, reggenti: combinano
nel buio, i loro affari di cento lire,
ammiccando in silenzio, scambiandosi
parole d'ordine: il mondo, escluso, tace
intorno a loro, che se ne sono esclusi,
silenziose carogne di rapaci.

Ma nei rifiuti del mondo, nasce
un nuovo mondo: nascono leggi nuove
dove non c'è più legge; nasce un nuovo
onore dove onore è il disonore...
Nascono potenze e nobiltà,
feroci, nei mucchi di tuguri,
nei luoghi sconfinati dove credi
che la città finisca, e dove invece
ricomincia, nemica, ricomincia
per migliaia di volte, con ponti
e labirinti, cantieri e sterri,
dietro mareggiate di grattacieli,
che coprono interi orizzonti.

Nella facilità dell'amore
il miserabile si sente uomo:
fonda la fiducia nella vita, fino
a disprezzare chi ha altra vita.
I figli si gettano all'avventura
sicuri d'essere in un mondo
che di loro, del loro sesso, ha paura.
La loro pietà è nell'essere spietati,
la loro forza nella leggerezza,
la loro speranza nel non avere speranza.

domenica 25 ottobre 2015

e rise


E L'AMORE GUARDÒ IL TEMPO E RISE di L. Pirandello

E l’amore guardò il tempo e rise,
perché sapeva di non averne bisogno.
Finse di morire per un giorno,
e di rifiorire alla sera,
senza leggi da rispettare.
Si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva.
Fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
il tempo moriva e lui restava.

mercoledì 14 ottobre 2015

polare stella


SENZA PIÙ FILO

Stelle che mi obliate
sull’isola d’arcaici dedali
perché l’oscuro cielo sbalzate
d’argento a squame morgane?

È già disfatto da ombre umane
lucide ancora nell’acque terse
sempre d’amore hanno sete.

Oh stelle, dimentiche sovrane
perché a pietra veloce scendete
a ricamare d’amanti cascate sete?

D’alcova e di brace voce mute
ardono di stella polare lontana
spoglia dormiente al viandante

senza più filo di lana e orme 
su quest’isola fatta d’amore
pietra nuda d’icona e nome.

G. Nigretti da Derive di notte 2009/2010