Tu non ricordi la casa dei doganieri sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: desolata t'attende dalla sera in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura e il suono del tuo riso non è più lieto: la bussola va impazzita all'avventura e il calcolo dei dadi più non torna. Tu non ricordi; altro tempo frastorna la tua memoria; un filo s'addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana la casa e in cima al tetto la banderuola affumicata gira senza pietà. Ne tengo un capo; ma tu resti sola né qui respiri nell'oscurità.
Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende rara la luce della petroliera! Il varco è qui? (Ripullula il frangente ancora sulla balza che scoscende...). Tu non ricordi la casa di questa mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti»
Cesare Pavese
... E s’alza
d’esilio una nebbia accanto / a
l’essere mio non affonda radici / in quel
che sono vago straniero.
Un giorno io ho perso una parola sono venuta qui per dirvelo e non perché voi abbiate risposta Non amo i dialoghi o le domande: mi sono accorta che cantavo in una orchestra che non aveva voci Ho meditato a lungo sul silenzio, al silenzio non c’è risposta. Io le mie poesie le ho buttate non avevo fogli su cui scriverle. Poi mi si sono avvicinati strani animali come uomini di antenate bestie da manicomio qualcuno mi ha aiutato a sentirmi unica, mi ha guardato. Pensavo che per loro non c’erano semafori, castelli e strade. Questo posto sgangherato come il mio cervello che ha trovato solitudini. Poi è venuto un santo che aveva qualcosa da dare un santo che non aveva le catene, non era un malfattore, l’unica cosa che avevo avuto in questi anni. L’avrei seguito finché un giorno non sapevo più innamorarmi. È venuto un santo che mi ha illuminato come una stella. Un santo mi ha risposto: perché non ti ami? È nata la mia indolenza. Non vedo più gente che mi picchia e non vedo più i manicomi. Sono morta nell’indolenza.
Ti odio perché non ti amo più di Patrizia Cavalli
Ti odio perché non ti amo più, perché non posso perdonarti di non riuscire più ad amarti.