G. Nigretti da Di aria Bianca, 2012 |
LA NOTTE di C. Pavese
Ma la notte ventosa, la limpida notte
che il ricordo sfiorava soltanto, è remota,
è un ricordo. Perdura una calma stupita
fatta anch'essa di foglie e di nulla. Non resta,
di quel tempo di là dai ricordi, che un vago
ricordare.
Talvolta ritorna nel giorno
nell'immobile luce del giorno d'estate,
quel remoto stupore.
Per la vuota finestra
il bambino guardava la notte sui colli
freschi e neri, e stupiva di trovarli ammassati:
vaga e limpida immobilità. Fra le foglie
che stormivano al buio, apparivano i colli
dove tutte le cose del giorno, le coste
e le piante e le vigne, eran nitide e morte
e la vita era un'altra, di vento, di cielo,
e di foglie e di nulla.
Talvolta ritorna
nell'immobile calma del giorno il ricordo
di quel vivere assorto, nella luce stupita.
UNA NITIDA FIAMMA di P. Valery
Una nitida fiamma abita in me,
la violenta vita vedo intera
al suo freddo bagliore: più non posso
amar soltanto se dormo i suoi gesti
di grazia, intrisi di luce. I miei giorni
di notte tornano a ridarmi gli sguardi.
E dopo il primo sventurato sonno,
quando sparsa nel buio è la sventura
stessa, tornano a vivermi, a darmi
degli occhi. E se poi la loro gioia
erompe, l’eco che mi sveglia un morto,
non altro ributtò sulla mia riva
di carne, e se il mio straniero riso impone,
qual murmure di mare alla conchiglia
vuota, al mio orecchio di dubbio, sul confine
d’un estremo stupore: se io sono
o fui, se veglio o dormo.
FISSITÀ di Vittorio Sereni
Da me a quell'ombra in bilico tra fiume e mare
solo una striscia di esistenza
in controluce dalla foce.
Quell'uomo.
Rammenda reti, ritinteggia uno scafo.
Cose che io non so fare. Nominarle appena.
Da me a lui nient'altro: una fissità.
Ogni eccedenza andata altrove. O spenta.
Sono miei figli, i Versi, del mio sangue.
Parlano, ma do loro le parole
come fossero pezzi del mio cuore
o lacrime sgorgate dai miei occhi.
Con un sorriso amaro vanno in giro,
perché insisto a dipingere la vita.
Li rivesto di sole e giorno e sole,
che cingeranno quando annotterò.
Signoreggiano in cielo e sulla terra.
Ma si chiedono cosa ancora manchi
per vincere stanchezza e noia, figli
che per madre conobbero la Pena.
Invano spargo il riso del motivo
più tenero, o del flauto la passione:
sono per loro un re inesperto, che
ha perduto l’affetto del suo popolo.
E languono, si spengono, e giammai
non smettono di piangere pian piano.
Mentre passi, o Mortale, guarda altrove:
o Lete, qua la nave tua, che sàlpino.
COME LE FOGLIE di Mimnermo
da Lirici greci, traduzione di S. Quasimodo
Al mondo delle foglie che nel tempo
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore dell'età,
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dee ci stanno a fianco,
l'una con il segno della grave vecchiaia
e l'altra della morte. Fulmineo.
precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d'un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.