IN DIALOGO SILENTE CON GIUSEPPE di Marta Celio Al fragore di pagine abitate (poesie raminghe) oscilla anche la carta bianca, ma non per questo stanca. Al tuo “faro muto” guardo dalla mia finestra alta e con te remo “su questo bianco pantano” verso quel viaggio per te “adunco” per me salvifico e -ormeggio alla mano- per nulla –credimi!- per nulla vano!
È CALDA COSÌ LA MALVA di Rocco Scotellaro È rimasto l'odore della tua carne nel mio letto. È calda così la malva che ci teniamo ad essiccare per i dolori dell'inverno.
L’AUTUNNO Riverbera a sera la pietra a sfera e sulla via curva di morte rame vela l’ombra di voce che ci spaura l’autunno – del nostro già fermo andare – al buio mondo che nel sonno dona lo stame: a quel che resta di parole cadute lontane da onde di mare. Sul confine ritorna il giro del sole e
da voragine chiama nera immagine. G. Nigretti, da Derive di ombre, 2018
INCONTRO di E. Montale Tu non m'abbandonare mia tristezza sulla strada che urta il vento forano co' suoi vortici caldi, e spare; cara tristezza al soffio che si estenua: e a questo, sospinta sulla rada dove l'ultime voci il giorno esala viaggia una nebbia, alta si flette un'ala di cormorano. La foce è allato del torrente, sterile d'acque, vivo di pietre e di calcine; ma più foce di umani atti consunti, d'impallidite vite tramontanti oltre il confine che a cerchio ci rinchiude: visi emunti, mani scarne, cavalli in fila, ruote stridule: vite no: vegetazioni dell'altro mare che sovrasta il flutto. Si va sulla carraia di rappresa mota senza uno scarto, simili ad incappati di corteo, sotto la volta infranta ch'è discesa quasi a specchio delle vetrine, in un'aura che avvolge i nostri passi fitta e uguaglia i sargassi umani fluttuanti alle cortine dei bambù mormoranti. Se mi lasci anche tu, tristezza, solo presagio vivo in questo nembo, sembra che attorno mi si effonda un ronzio qual di sfere quando un'ora sta per scoccare; e cado inerte nell'attesa spenta di chi non sa temere su questa proda che ha sorpresa l'onda lenta, che non appare. Forse riavrò un aspetto: nella luce radente un moto mi conduce accanto a una misera fronda che in un vaso s'alleva s'una porta di osteria. A lei tendo la mano, e farsi mia un'altra vita sento, ingombro d'una forma che mi fu tolta; e quasi anelli alle dita non foglie mi si attorcono ma capelli. Poi più nulla. Oh sommersa!: tu dispari qual sei venuta, e nulla so di te. La tua vita è ancor tua: tra i guizzi rari dal giorno sparsa già. Prega per me allora ch'io discenda altro cammino che una via di città, nell'aria persa, innanzi al brulichio dei vivi; ch'io ti senta accanto; ch'io scenda senza viltà.
RIPENSO IL TUO SORRISO di E. Montale Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida scorta per avventura tra le petraie d’un greto, esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi; e su tutto l’abbraccio d’un bianco cielo quieto. Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano, se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua, o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua e recano il loro soffrire con sé come un talismano. Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma, e che il tuo aspetto s’insinua nella mia memoria grigia schietto come la cima d’una giovinetta palma…
DI BRUMA ATTORNO s’aggirano pietosi nembi a pallide volute indolenti le ore nei sensi scolorano come dal nulla quella rosa sfiorita nel nulla t’involano dall’affranta finestra d’amore in un momento di solo vento fra le insonni colline d’argento su vie curve in latteo incanto un volto pallore molle appare e nuda t’avveri nei nudi rilievi. Lenta la notte ti sfuma la pelle quando la bruma si fuma i fanali sbattono incerti i tacchi tuoi rosa lontano il selciato freddo cocente di morte stelle. G. Nigretti da Derive eretiche, 2009
SENZA SOSTA è stata un contratto lento volare la sfatta stagione a sale di vento sul tutto tardo confine serale dove di contento ribatte il mare senza sapere se c’è un domani – per noi che animo non è di gabbiani –: sempre in scoria è finita la storia e a memoria quel che di vita dura è soltanto questa mera scrittura.
VERGINI SORELLE Qui che la gran mano del maestrale frange a sale per le allegre marine le chiome folte alle serene incolte signorine – belle e pie levantine – tutte ricolme di gioia e d’incanto hanno salse le lacrime di pianto se l’ameno dio caldo le ha avvolte sono di Dafne vergini sorelle: le felici e devote tamerici. G. Nigretti da Derive di confine, 2018
DI SANGUE Dal mare ritorna un sorriso di onda a franto di sponda spuma memoria a tremole aorte sale e s’aggruma – di sangue e parole inonda le carte – nella mano del viandante che langue sul confine dove a scoria s’abbruma il naufrago pensiero in acque morte che affonda eguale a deserto veliero: sarcofago di noi senza più porto. G. Nigretti da Derive di confine, 2018
SUL CONFINE fuori l’albore del dì bianco sale urlando luce per chi in ade cade: – a orfeo ché volto l’amor rimuore – nel fondo stallo per parole vane al tempo che d’inane cola eguale a nebbia che colma la via intera sul confine dell’impietoso mare senza tregua si continua ad errare vagando a canto di fatua chimera. G. Nigretti da Derive di confine, 2018
SILLABE A ERATO di S. Quasimodo A te piega il cuore in solitudine, esilio d'oscuri sensi in cui trasmuta ed ama ciò che parve nostro ieri, e ora è sepolto nella notte. Semicerchi d'aria ti splendono sul volto; ecco m'appari nel tempo che prima ansia accora e mi fai bianco, tarda la bocca a luce di sorriso. Per averti ti perdo, e non mi dolgo: sei bella ancora, ferma in posa dolce di sonno: serenità di morte estrema gioia.
LUNA ESTIVA PIENA La Pienaluna disse al Poeta: “Nell’oscuro del mondo la voce mia è di sole la tua è un lacero sudario per morte parole un desolato calvario di sillabe storte e per aver luce devi la bolletta pagare” Il Poeta così le rispose: “Nel silenzio d’ogni novilunio porto la voce l’urlo muto di chi cercandoti è già caduto sull’andare oscuro di quest’orme sole e con te e parole saldo metà bolletta” G. Nigretti da Derive di aria, 2012
IL BEL SOLE Sale svelto dal confine dell’acque e sale il colore che attorno fa gran rumore e alfine in fumo scompare: così è il bel sole che rimuore – dietro le rovine di nostra sorte – al perso senso che serra l’essere e in possente notte lo fa cadere dove non v’è mai né voce e né porte. da Derive di confine, 2018 DI FUOCO fatto alto in aria nulla della sera s’allunga a cielo largo il gran fragore… poi a gioie poco resta di quel fuoco di festa: un fumo che già s'allontana e cade – in flutto svelto d'alto mare – e se non svola vento si presenta come di scorie la paruta accanto che scivola muta sul fianco di carta del poeta stanco uguale è la mano. da Derive di scorie, 2016 IN FUMO Quando in alto più niente vedi e senti solo odore come d’asfalto e la eco ti svena l’anima e l’aria nella bocca è d’insepolto che ti tocca da quel buio accanto t’illuderai che tutto questo rumore d’infranto colore abbia in fumonero presto fine su bianco di carta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Solo santi e innamorati vedono fiorire gioia e stupore nei fuochi – che inseguivamo. MONOTONA Lungo la riva di feria nell’aria disfatta di afa risuona ancora bramosa cadenza d’ombra pesante che a noia porta memoria reale dal brano ritratta e senza profumo di carta l’inumana immanenza amara a vera parvenza riappare fra fumi e sordi rumori ritorna come la eco dei fuochi – artificiali che nel riflesso accanto si rifanno annoiando più dei volti reali. da Derive di aria, 2012 FERMATE I FUOCHI non v’è mai luce vera che mi segua e a bagliori la sera non dà tregua e a riflessi m’assale – una carezza. Fermate questi guizzi di tristezza. da Derive straniere, 2011 I FUOCHI INSEGUIVAMO I fuochi inseguivamo fra riflessi di blumare la notte d’ardori furente a luci stelle la vestiva su gli antichi sedili d’arabeschi s’apriva d’occhi a bagliori gioiva. I fuochi inseguivamo fra vedute d’arido Prato lo sgrondare di braci spegneva la notte brunita da un sudario di ceneri sull’accecata piazza cade un dolore di vita. da Derive di notte 2009/10
DA UN ETERNO ESILIO di A. Zanzotto Da un eterno esilio eternamente ritorno e coi giorni mi volgo e mi confondo, vado, da me sempre più lontano, divelto per erbe prati e tempi d'ottobre e silenzi confidati agli orecchi da stelle e monti.
A NERO FONDO Sul fine bordo a orrido confine c’è un grasso ventre che procede vomitando lebbra verde e giallo fiele: che il greggiare già nutrono – di quel gran volgo caglio e volgare – che a lingua ventrale tutto beve nel pantano del sociale inganno e senza pieta di mano affonda a nero fondo – l’essenza umana. G. Nigretti da Derive di confine, 2018