L’INDIFFERENZA
della mano è cosa buona e sana
– per le derive del raffermo andare –:
perché mai le importa se a onde ribatte
le irte scogliere di nostra sostanza
che a ogni istante non cessa di acclamare
su questa umana fossa senza carne
l’indifferenza che di mano sbatte
il naufragato essere del viandante
fra scorie sfatte di vane memorie.
G. Nigretti da Derive in carne, 2019
Parafrasi a cura di O. Cazzador
della mano è cosa buona e sana
– per le derive del raffermo andare –:
perché mai le importa se a onde ribatte
le irte scogliere di nostra sostanza
che a ogni istante non cessa di acclamare
su questa umana fossa senza carne
l’indifferenza che di mano sbatte
il naufragato essere del viandante
fra scorie sfatte di vane memorie.
G. Nigretti da Derive in carne, 2019
Parafrasi a cura di O. Cazzador
Piano metrico - stilistico: poesia composta di sette versi, cui si aggiunge, dopo una pausa, un commiato di due versi. Versi endecasillabi.
Le parole tematiche emergenti nella poesia sono: mano; derive; fossa; carne, indifferenza; naufragato, scorie; memorie. Gli aggettivi, densi e pregnanti sono: raffermo; sfatte; vane. Queste parole ineriscono al gusto e al pensiero del poeta. Infatti tornano in altre poesie costituendo un coagulo di temi e connotando, in modo personalissimo, la sua voce poetica.
La poesia è alquanto enigmatica, e ciò lascia l’interpretazione indefinitamente aperta, come peraltro è tipico della poesia, il cui messaggio è sempre “aperto” e leggibile da più punti di vista.
Piano retorico: forte presenza di allitterazioni che vanno a rimarcare le evidenze che il poeta intende rilevare. Ne sono efficaci esemplificazioni, ad es., le espressioni:
per le derive del raffermo andare. Qui il poeta, attraverso la ripetizione ossessiva del suono R, dà il senso dell’errare lungo le derive sfatte dei nostri cammini;
ribatte/le irte scogliere: l’allitterazione di R crea un paesaggio minaccioso e tempestoso, che evoca la vita umana;
scorie sfatte: l’allitterazione di S. rende espressivamente l’idea del residuo, del marcio, del rifiuto abbandonato;
ribatte/le irte scogliere: l’allitterazione di R crea un paesaggio minaccioso e tempestoso, che evoca la vita umana;
scorie sfatte: l’allitterazione di S. rende espressivamente l’idea del residuo, del marcio, del rifiuto abbandonato;
vane memorie; la presenza di N e M, entrambi suoni continui, con allitterazione di M, permette di sentire una continuità nelle impressioni legate all’emozione, al ricordo, al passato.
I verbi ribatte/sbatte; l’espressione scorie sfatte, con quella doppia consonante interna, hanno una resa molto drammatica, espressa con la ripetizione della T (suono esplosivo e sordo) e la S sibilante. Ribatte e sbatte formano una rima; mentre sfatte è rimalmezzo. Tali verbi formano anche un enjambement con l’oggetto che segue nel verso successivo.
I tre verbi ribatte, sbatte, sfatte attraversano diagonalmente il testo. La mano, invece, dà luogo a una lettura circolare, in quanto apre e chiude la lirica, conferendole centralità e aggrumando intorno ad essa il senso globale.
Piano tematico e semantico: la tramatura è fitta di immagini: mano; derive; irte scogliere; umana fossa, vane memorie. Il centro di pensiero ruota intorno alla mano del poeta che registra, attraverso una scrittura poetica irta e puntuta (il pensiero va alla montaliana storta sillaba e secca come un ramo) la triste e opprimente condizione dell’uomo.
È cosa buona e sana per l’uomo raggiungere l’indifferenza di fronte alle forze che lo sovrastano, nella lotta a non soggiacere al peso di una condizione figurativamente rappresentata dalle irte scogliere. La mano che ribatte sul foglio di carta la sua opposizione alla realtà della vita (umana fossa senza carne) non rimane inerte, al contrario, portatrice di una sua verità, non cessa di acclamare l’inganno del destino, e, dunque, (sempre alla luce della suggestione montaliana), la poesia deve esporsi e comunicare: a lettere di fuoco/lo dichiari (“Non chiederci la parola”). Cogliendo i rimandi intertestuali, la poesia si rende come corale definizione delle contraddizioni dell’esistere.
Le forze, oscure e minacciose, evocate sonoramente dai verbi e dal paesaggio - colto nella prospettiva verticale e in profondità: irte scogliere e fossa - si abbattono sull’uomo. E l’umana indifferenza issa il suo vessillo sul genere umano, sulla turba dei viventi (in altra poesia: morti), la cui sostanza è costitutivamente quella di esseri fragili, esposti ad ogni capriccio della natura, piegati a una vita condotta sul ciglio di una fossa, ridotti a essere senza carne - con la morte, meta irriducibile dell’esistenza. L’uomo appare figurativamente come viandante (collegato al raffermo andare); oppure il naufragato essere, collegato all’idea del mare: onde e scogliere. Significativa l’ultima immagine delle scorie sfatte, che suggella la poesia, e simboleggia l’umano destino di morte, di riduzione al nulla.
Nostra sostanza si vuol riferire non solo all’esperienza personale del poeta, ma alla volontà di riconoscersi in un dramma universale (nostra sorte, presente anche in altre poesie). Per questo, il poeta continua a interrogarsi sul suo destino e riconosce l’indifferenza (l’atarassia) come meta cui tendere. Ciò gli permette di guardare senza orrore la deriva, il naufragio verso cui va l’esistenza, e nello stesso tempo, di comunicarla, sia pure sul foglio di carta, realtà finita e inconsistente a sua volta, a tutti i suoi simili. A questo proposito, anche Pasolini afferma che la vita è restare dentro all’inferno, con la marmorea volontà di capirlo. Molto vicini gli echi da Eliot, in Gli uomini vuoti:
Siamo gli uomini vuoti
…
Questa è la terra morta
Questa è la terra dei cactus
Qui le immagini di pietra
Sorgono, e qui ricevono
La supplica della mano di un morto
Sotto lo scintillio di una stella che si sta spegnendo
L’idea che una forza superiore pianti il proprio vessillo sul genere umano e dunque marchi la propria vittoria è molto presente anche nella poesia inglese: poesie di John Donne, e Shakespeare (Sonetti). In quest’ultimo, non è l’indifferenza, ma la morte a vincere. In John Donne, è la vita a vincere sulla morte.
In-differenza si può leggere (tra i molti significati) anche come mancata differenza/non differenza: per tutti il destino è uguale: la fossa, colma di scorie; di memorie vane.
Ornella Cazzador
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