IN LIMINE di E. Montale
Godi se il vento ch’entra nel pomario
vi rimena l’ondata della vita:
qui dove affonda un morto
viluppo di memorie,
orto non era, ma reliquario.
Il frullo che tu senti non è un volo,
ma il commuoversi dell’eterno grembo;
vedi che si trasforma questo lembo
di terra solitario in un crogiuolo.
Un rovello è di qua dall’erto muro.
Se procedi t’imbatti
tu forse nel fantasma che ti salva:
si compongono qui le storie, gli atti
scancellati pel giuoco del futuro.
Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l’ho pregato, – ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine…
PESCATORE D’INGANNI
Di notte sillabo scogliere
dove le voci s’infrangono
spargo di noi il pelago piano e
squame di colmo iato insacco
sul rigo fiacco di carta e pelle
da lemmi all’infinito affiorano
abbagli e canti di lenze donzelle
già sveglio da luoghi di pelago
mi meno – fatto gabbiano veleggio
su apice astrale di segno morgano
verbale vertigine prueggio
lontano – su vocali sirene
verso predicato d’uragano.
G. Nigretti da Derive deserte 1994/01
A VISO DISTESO
Noi che come i morti viviamo
in un mondo di notte strano e
senza dubbio altero pensiamo
che sia quello più del dì il vero
sperando poi di ritrovarlo intero
– come la mela che in eden seduce –
dove l’innocente eva è la mano:
che scende e spenge la luce letale
a viso disteso in sogno immortale.
G. Nigretti da Derive di luce 2017