DI FRONTE A MONTÀ la vista non è quella alla Degas, a zigzag con due assenti al bar: è come quella al locale di Arles, dal fondo tavolo frontale e di vacuo sodale umano; però il sabato cielo è un po’ quello di – nulla resta uguale – sopra il prato di fritto e vino che la fiera porta col sepolto vano di nostro andato. G. Nigretti da Derive nel vento 2014
SOGNO di G. B. Marino In sogno ancora (Amor, che puoi più farmi?) gioco mi fai del tuo spietato impero. Ecco colei, che già mi sparve, apparmi in dolce atto vezzoso e lusinghiero. Com’esser può che possa il sonno darmi quel che ’n vigilia poi mi nega il vero? Che mi conceda or tu quelche mostrarmi non ardì mai l’adulator pensiero? Ma se ben erro ed insensibil giaccio, quanti oggetti più cari il senso formi non vaglion l’ombra del’error ch’abbraccio. Ahi, ben vegg’io che mentre in grembo a tormi viene il riposo ed io gli dormo in braccio, vegghia il mio incendio, e tu crudel non dormi.
DI FRONTE sta – ferma lì, senza fine eguale – a un fiore di pietra – nell’incolto presente un’assenza che da sempre non so mai se di fronte sorgiva sia di reale ombra o di mente uscita parvenza, che su carta già fioriva – senz’alito di vita su nebulo fondo il guardo si posa: come bianco velo senza la sposa. G. Nigretti da Derive di scorie 2016
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