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lunedì 2 novembre 2015

sesso

SESSO, CONSOLAZIONE DELLA MISERIA di P. P. Pasolini

Sesso, consolazione della miseria!
La puttana è una regina, il suo trono
è un rudere, la sua terra un pezzo
di merdoso prato, il suo scettro
una borsetta di vernice rossa:
abbaia nella notte, sporca e feroce
come un'antica madre: difende
il suo possesso e la sua vita.
I magnaccia, attorno, a frotte,
gonfi e sbattuti, coi loro baffi
brindisi o slavi, sono
capi, reggenti: combinano
nel buio, i loro affari di cento lire,
ammiccando in silenzio, scambiandosi
parole d'ordine: il mondo, escluso, tace
intorno a loro, che se ne sono esclusi,
silenziose carogne di rapaci.

Ma nei rifiuti del mondo, nasce
un nuovo mondo: nascono leggi nuove
dove non c'è più legge; nasce un nuovo
onore dove onore è il disonore...
Nascono potenze e nobiltà,
feroci, nei mucchi di tuguri,
nei luoghi sconfinati dove credi
che la città finisca, e dove invece
ricomincia, nemica, ricomincia
per migliaia di volte, con ponti
e labirinti, cantieri e sterri,
dietro mareggiate di grattacieli,
che coprono interi orizzonti.

Nella facilità dell'amore
il miserabile si sente uomo:
fonda la fiducia nella vita, fino
a disprezzare chi ha altra vita.
I figli si gettano all'avventura
sicuri d'essere in un mondo
che di loro, del loro sesso, ha paura.
La loro pietà è nell'essere spietati,
la loro forza nella leggerezza,
la loro speranza nel non avere speranza.

lunedì 31 dicembre 2012

per Rita... in quella quiete altissima

"Chi ha fede crede chi ha scienza vede" P.P. Pasolini

IN QUELLA QUIETE ALTISSIMA  di `Abd al-Rahmân Jâmî
Traduzione di Iman Mansub Basiri e Carla De Bellis

In quella quiete altissima
dove non abitava traccia alcuna
dell’esistere e dove il mondo ancora
si nascondeva all’angolo del Nulla,
un Essere era: immune
dalle ferite del duale
ed eccelso sul dialogo
diviso del “noi” e del “tu”.

Somma bellezza ancora irrivelata
perché ancora libera dal vincolo
dell’atto che creando disvela,
chiara sé contemplava nel suo lume.

Specchio il suo volto non aveva ancora
le sue trecce tocco di carezza.
Ancora Zefiro non le scioglieva
il nodo dei capelli e ancora
non le scuriva l’angolo degli occhi
nessun segno di polvere di kohl.

Nessun giacinto che aprisse i suoi petali
nei colori dei divini attributi
s’accostava a quella Rosa bellissima
che solo nel Nulla era assorta,
e nessun fiore ancora si adornava
del suo segreto e fervido rigoglio.

Non aveva il suo volto tratti visibili
le ombre della visibile materia.
Nessun occhio mirava la sua immagine,
ed Ella andava musicando Amore
da e per stessa solamente.
Nel gioco d’azzardo dell’amore
stessa soltanto Ella sfidava.

Ma come sempre avviene a ogni bellezza,
la bella non vuol mai restar celata.
Quella che ha volto di fata nascondersi
non vuole, e se la sua porta le chiudi
è dalla sua finestra che s’affaccia.