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giovedì 14 gennaio 2021

un vago ricordare



LA NOTTE di C. Pavese


Ma la notte ventosa, la limpida notte

che il ricordo sfiorava soltanto, è remota,

è un ricordo. Perdura una calma stupita

fatta anch'essa di foglie e di nulla. Non resta,

di quel tempo di là dai ricordi, che un vago

ricordare.


           Talvolta ritorna nel giorno

nell'immobile luce del giorno d'estate,

quel remoto stupore.


            Per la vuota finestra

il bambino guardava la notte sui colli

freschi e neri, e stupiva di trovarli ammassati:

vaga e limpida immobilità. Fra le foglie

che stormivano al buio, apparivano i colli

dove tutte le cose del giorno, le coste

e le piante e le vigne, eran nitide e morte

e la vita era un'altra, di vento, di cielo,

e di foglie e di nulla.


             Talvolta ritorna

nell'immobile calma del giorno il ricordo

di quel vivere assorto, nella luce stupita.

lunedì 12 ottobre 2020

lungo il parco



MOLTO CHIARE... di Franco Fortini


Molto chiare si vedono le cose.

Puoi contare ogni foglia dei platani.

Lungo il parco di settembre

l’autobus già ne porta via qualcuna.

Ad uno ad uno tornano gli ultimi mesi,

il lavoro imperfetto e l’ansia,

le mattine, le attese e le piogge.

Lo sguardo è là ma non vede una storia

di sé o di altri. Non sa più chi sia

l’ostinato che a notte annera carte

coi segni di una lingua non più sua

e replica il suo errore.

È niente? È qualche cosa?

Una risposta a queste domande è dovuta.

La forza di luglio era grande.

Quando è passata, è passata l’estate.

Però l’estate non è tutto.

giovedì 3 settembre 2020

sangue perduto


IL NEMICO di Charles Baudelaire

La mia giovinezza è stata un’oscura tempesta,
Attraversata talvolta da soli rigogliosi;
Il tuono e la pioggia hanno fatto una grossa rovina,
Che nel mio giardino rimane ben poco di frutti vivi.

Ecco la mia visione è vecchia,
Occorre riprendere in mano gli arnesi
Per rimettere a nuovo le terre sommerse,
Dove l’acqua scava tombe sotterranee.

E chi sa se i fiori che sogno portano notizie
Troveranno nella terra abbattuta
Il seme spirituale che darebbe loro respiro?

‒ O dolore! o dolore! Il Tempo divora la vita,
E il Nemico oscuro che ci scava il cuore
Si alimenta del nostro sangue perduto!

domenica 12 aprile 2020

languide colline


AL MONDO ANDATO

quando l’aedo sole a sguardo lieve
di caldo canto con mano di miele 
sul velo del già ridente bel fiore 
colto ieri fra le languide colline – 
e del molle aprile a rive risale 
e con sangue di natura discende
è del cantore la pecca maggiore: 

perché sta qui fingendo alto fervore 
ed è lui al mondo andato il morente.

G. Nigretti da dello sguardo viandante, 2020

domenica 3 novembre 2019

tacita sposa


CONCLUDENDO di Derek Walcott

Vivo sull’acqua,
solo. Senza moglie né figli.
Ho circumnavigato ogni possibilità
per arrivare a questo:

una piccola casa su acqua grigia,
con le finestre sempre spalancate
al mare stantio. Certe cose non le scegliamo noi,

ma siamo quello che abbiamo fatto.
Soffriamo, gli anni passano, lasciamo
tante cose per la via, fuorché il bisogno

di fardelli. L’amore è una pietra
che si è posata sul fondo del mare
sotto acqua grigia. Ora, non chiedo nulla

alla poesia, se non vero sentire:
non pietà, non fama, non sollievo. Tacita sposa,
noi possiamo sederci a guardare acqua grigia,

e in una vita che trabocca
di mediocrità e rifiuti
vivere come rocce.

Scorderò di sentire,
scorderò il mio dono. È più grande e duro,
questo, di ciò che là passa per vita.

venerdì 27 settembre 2019

‘o può ‘vedè?

È NOTTE di Edoardo de Filippo

Tutt’è silenzio dint’a sta nuttata
nun se sente nu passo ‘e cammenà.
Nu ventariello tutta na serata
pare ca me vuleva accarezzà.
E finalmente chiagno! Tu non vide,
tu staje luntano, comme ‘o può ‘vedè?
Però t’ ‘o ddico pecchè tu me cride
e si me cride, chiagne nzieme a me!
Scenne stu chianto lento, doce doce,
nun aizo na mano p’ ‘asciuttà.
Io strillo pe’ te fa’sentì sta voce,
ma tu non puo’ sentì… c’allùcco a ffa’?
Tutt’è silenzio… ncielo quanta stelle!
affaccete, tu pure ‘e ppuo’ vedè:
songo a migliare, e saie pecchè so’ belle?
Pecchè stanno luntano, comm’ ‘a tte!

lunedì 9 aprile 2018

mille pupe


LUNEDÌ

davanti al rotante congegno
con la pala per il vento
sul balcone del convegno
avvenne questo vero evento

come un bell’ingegno di poeti
lì ebbe inizio fra rose e uliveti
quando vennero due smorfiosette
con scolli fondi e nude pancette.

Ci raggiunsero dipoi in sette
già solerte e come fattorini
di confetteria sui fiorini
s’aggiravano con le alette

tallonando in aria librate
le urlanti amene donnette
rovesciate come borsette
fra le fratte profumate.

E non erano di certo mannaie
volate via dal beccaio accanto
ma a mille pupe sette api operaie
tutte ricolme di miele e d’incanto.

G. Nigretti da Derive eretiche 2009

venerdì 15 dicembre 2017

muto tempo


IN VOLO

da questa memoria di aria
sempre con occhi riappare e
in afra nebbia scende lenta e
in muto tempo frana la mente 
già ferita da ferme ore morte
che di vuoto colme stanno

sul bordo di questa curva vita
ombre brune spingono anni
distanti – da sementi a sciame 
lasciate ai piedi ameni
di menadi danzanti

lungo la notte nulla 
a buio volo di luna 
una sirena che urla
rimbomba domestici camposanti.

G. Nigretti da Derive quiete 2010/11

giovedì 14 dicembre 2017

semenze piovute


da LASCIAMI, NON TRATTENERMI di M. Luzi

Lui solo in quella solitaria casa

coabitava con lui,

                                lo seguitava

dovunque e in ogni istante,

                                               gli teneva

non indesiderata compagnia,

ossessiva tuttavia, fisso, il pensiero della morte.

Lui solo ma in lui quante esistenze

sue ed altrui, semenze

piovute chissà quando

nella tumultuaria lontananza

del tempo e dello spazio

popolavano quelle vuote stanze –

se non che signora

                                  occulta

del luogo era memoria,

memoria di memoria

fino alla prealba della mente

e della materia –

e lui? Lui chi veramente era?

sabato 23 settembre 2017

e sparve


VIA VELASCA di L. Sinisgalli

Il calpestìo di tanti anni
L’ha quasi affondata, la via
Incredibilmente si è stretta.
Questa è l’ora mia, la mia ora diletta.
Io, ricordo la sera che alla fioca
Luce si spense ogni rumore, un grido
Disse il mio nome come in sogno e sparve.
La via s’incurva, sgocciola
Il giorno dalle cime dei tetti:
Quest’ora dolce suona nel petto.
Non è che una larva restìa
La luce, un barlume: entro la boccia
Di vetro un pesce s’illumina.

martedì 25 aprile 2017

su chi resta


STANZE di E. Montale

Ricerco invano il punto onde si mosse
il sangue che ti nutre, interminato
respingersi di cerchi oltre lo spazio
breve dei giorni umani,
che ti rese presente in uno strazio
d’agonie che non sai, viva in un putre
padule d’astro inabissato; ed ora
è linfa che disegna le tue mani,
ti batte ai polsi inavvertita e il volto
t’infiamma o discolora.

Pur la rete minuta dei tuoi nervi
rammenta un poco questo suo viaggio
e se gli occhi ti scopro li consuma
un fervore coperto da un passaggio
turbinoso di spuma ch’or s’infitta
ora si frange, e tu lo senti ai rombi
delle tempie vanir nella tua vita
come si rompe a volte nel silenzio
d’una piazza assopita
un volo strepitoso di colombi.

In te converge, ignara, una raggèra
di fili; e certo alcuno d’essi apparve
ad altri: e fu chi abbrividì la sera
percosso da una candida ala in fuga,
e fu chi vide vagabonde larve
dove altri scorse fanciullette a sciami,
o scoperse, qual lampo che dirami,
nel sereno una ruga e l’urto delle
leve del mondo apparse da uno strappo
dell’azzurro l’avvolse, lamentoso.

In te m’appare un’ultima corolla
di cenere leggera che non dura
ma sfioccata precipita. Voluta,
disvoluta è così la tua natura.
Tocchi il segno, travàlichi. Oh il ronzìo
dell’ arco ch’è scoccato, il solco che ara
il flutto e si rinchiude! Ed ora sale
l’ultima bolla in su. La dannazione
è forse questa vaneggiante amara
oscurità che scende su chi resta.

venerdì 10 febbraio 2017

d'acque


TU CHE ERI

su terra d'oriente dormiente
guerriero di guerra prigioniero
quando non ero di carne ancora
libero in assenza l’essere era?
e se sussisteva – con voce vera 
alcuno lo dirà –: ora che son qui 
visco e straniero su questa galera

d’anime già morte a volte scende
un pietrisco d’acque che ci desta.

G. Nigretti da Derive di pietra 2016

mercoledì 28 dicembre 2016

nulla resta

DI FRONTE A MONTÀ

la vista non è quella alla Degas,

a zigzag con due assenti al bar:
è come quella al locale di Arles,
dal fondo tavolo frontale 
e di vacuo sodale umano; però
il sabato cielo è un po’ quello
di – nulla resta uguale – sopra il prato

di fritto e vino che la fiera porta

col sepolto vano di nostro andato.

G. Nigretti da Derive nel vento 2014