lunedì 31 ottobre 2016

un punto


da XENIA II di E. Montale

La morte non ti riguardava.

Anche i tuoi cani erano morti, anche
il medico dei pazzi detto lo zio demente,
anche tua madre e la sua ‘specialità’
di riso e rane, trionfo meneghino;
e anche tuo padre che da una minieffigie
mi sorveglia dal muro sera e mattina.
Malgrado ciò la morte non ti riguardava.

Ai funerali dovevo andare io,

nascosto in un tassì restandone lontano
per evitare lacrime e fastidi. E neppure
t’importava la vita e le sue fiere
di vanità e ingordigie e tanto meno le
cancrene universali che trasformano
gli uomini in lupi.

Un tabula rasa; se non fosse

che un punto c’era, per me incomprensibile,
e questo punto ti riguardava.

sabato 22 ottobre 2016

solo urlare

DI VITA E GIOIA                                             in morte di E.F.

Danzano le rame di palmette
Coll’aria maestrale del mare…
Ma qui tutto pare un solo urlare
E tu quieta nel talamo dormi
Con ali vere di nero gabbiano
Muta t’involi: – a quel secreto
lontano senza doglia di domani –

E nel vuoto che ci lasci non sarai
Memoria mai vacua di vita e gioia.

G. Nigretti da Amare derive 2016

domenica 9 ottobre 2016

non saprei dire


Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida di E. Montale

a K.


Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida

scorta per avventura tra le pietraie d'un greto,
esiguo specchio in cui guardi un'ellera e i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio di un bianco cielo quieto.

Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,

se dal tuo volto si esprime libera un'anima ingenua,
vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.

Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie

sommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma,
e che il tuo aspetto s'insinua nella memoria grigia
schietto come la cima di una giovane palma...

sabato 1 ottobre 2016

poeta legge poeta



Poeta legge poeta – intervento di G. Nigretti

Con questa coinvolgente iniziativa Alessandro Cabianca ci ha proposto di portare con noi un poeta guida, un poeta di riferimento… 
Personalmente non è stata una facile scelta, almeno da un punto di vista cosciente, perché nella mia deriva poetica, più che ad un poeta guida, sento la vicinanza a diversi poeti italiani, in particolare:

Il Montale di Ossi di seppia  – per la poetica del male di vivere
Il Quasimodo di Ed è subito sera – per la poetica della solitudine dell’uomo
O il Giudici di La vita in versi – per la poesia come necessità esistenziale

Ho qui con me la poesia di Quasimodo "Vento a Tindari". Poesia che racchiude in sé l’inquietudine, il dramma e le contraddizioni dell'uomo moderno.
La mia vicinanza al Quasimodo di Vento a Tindari è connessa anche, e non solo, al tema dello sradicamento dell'uomo, per la sua, e mia, personale condizione di esule volontario dal sud al nord Italia.


VENTO A TINDARI

Tindari, mite ti so

Fra larghi colli pensile sull’acque
Delle isole dolci del dio,
oggi m’assali
e ti chini in cuore.

Salgo vertici aerei precipizi,

assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m’accompagna
s’allontana nell’aria,
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi
da cui male mi trassi
e paure d’ombre e di silenzi,
rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d’anima

A te ignota è la terra

Ove ogni giorno affondo
E segrete sillabe nutro:
altra luce ti sfoglia sopra i vetri
nella veste notturna,
e gioia non mia riposa
sul tuo grembo.

Aspro è l’esilio,

e la ricerca che chiudevo in te
d’armonia oggi si muta
in ansia precoce di morire;
e ogni amore è schermo alla tristezza,
tacito passo al buio
dove mi hai posto
amaro pane a rompere.

Tindari serena torna;

soave amico mi desta
che mi sporga nel cielo da una rupe
e io fingo timore a chi non sa
che vento profondo m’ha cercato.



Con la poesia dell’uomo esule, dell’uomo fuori suolo, "Vento a Tindari", ho portato, con grande umiltà, la mia "È domenica", poesia del 2011 che fa parte della sezione Derive straniere della raccolta Amare derive. 
Il tema è la classica passeggiata estiva dei tranesi (Trani è la mia città natale) nel giardino pubblico sul mare, che al sud chiamano Villa.


È DOMENICA

e s’affolla d’ombre e genti 

la Villa – bell’anima antica
verde a giuochi, a illusi amori
fra falciate aiuole – una poesia
di palme e lecci e pini e tamerici
(germoglia un fiore di nostalgia?)

in un angolo buio al cuore

una luce di viali e fontanelle
spingono famiglie e amorini
e giovani mogli coi carrozzini
e vecchi stanchi sui pesanti anni
e a gesti a gridi di voci e cicale

vanno tutti alle ringhiere di sale

a veder l’aroma acerbo del mare
(è un restare quel che m’assale?)
e s’alza d’esilio una nebbia accanto
all’essere mio non sfronda radici 
e in quel che ero oggi erro straniero.



Oggi l’esule, il vero e tragico uomo fuori suolo è il migrante… da Derive di carta del 2015 leggo "Gli umani", poesia scritta osservando uno stormo autunnale di rondini in volo


GLI UMANI

Quando neri dall’innato alto

andar via – sull’autunno aspro
di vento maestro lontano –
i migranti quieti colmano
con grazie di nugoli tersi
il riguardare di noi umani:
senz’ali e già di terre neri

su onde avverse e spini di ferro persi

stanno gli umani che mai rimiriamo.